Quando votano 150 milioni di elettori, come nel caso delle elezioni del Presidente degli Stati Uniti d’America, è normale che ci possa essere qualche problema nel conteggio del voti e anche nello spoglio. E’ pure normale che ci possano essere schede annullate. Ma andando a rivedere quali sono i numeri negli stati chiave, cioè quelli che hanno assegnato in definitiva la vittoria a Joe Biden, si scopre che la differenza di voti rispetto a Trump è così consistente da non ripermettere un riconteggio di voti per le regole che si sono dati quegli stati.

Si oscilla da alcune migliaia ad alcune decine di migliaia di voti di differenza. Anche se si dovessero ammettere alcune problematiche, che peraltro non si vede come debbano essere depositarie soltanto di una parte politica, potrebbero essere rimesse in discussione forse alcune centinaia o migliaia di dati. Per esempio in Pennsylavania, dove lo svantaggio di Trump è di circa 45 mila voti, non potrebbero mai permettere l’assegnazione di quello stato ai repubblicani.

Così via in altri stati dove la situazione è ancora maggiormente a favore di Biden. Inoltre sono stati consultati circa 50 consulenti delle elezioni, da noi li potremmo chiamare rappresentanti di lista, che come osservatori hanno guardato che le cose si svolgessero bene in tutti quanti gli stati. Non hanno riscontrato irregolarità sensibili. Peraltro questi sono sia democratici che repubblicani. Anzi, in qualche caso, sono stati i repubblicani stessi a sconfessare l’idea che possano essersi verificati sistematici brogli.

Insomma, non c’è traccia di alcun broglio. Almeno non significativo perché, se ci fosse stato, sarebbe stato portato all’attenzione dello Stato. Sembra molto difficile che si possa finire davanti alla Corte Suprema che, abbiamo visto, ha deciso soltanto una volta di bloccare il riconteggio dei voti nel caso di Al Gore e di Bush. Ma lì la differenza era di alcune centinaia di voti nello stato chiave della Florida.

Dunque con tutte le sue storie questo pessimo individuo, che ha governato la nazione per adesso ancora più importante del mondo, si trova a dover fare quello che assolutamente non vorrebbe fare. Cioè ammettere di essere stato sconfitto. Sta innescando una crisi istituzionale, perché non facilita il passaggio di consegne. Queste 10 settimane che separano alla presa di possesso della Casa Bianca da parte di Biden saranno un percorso a ostacoli perché lui sta resistendo, neanche fosse l’ultimo giapponese nella giungla tropicale alla fine del secondo conflitto mondiale.

Non c’è niente da fare: quando hai seminato male, raccogli ancora peggio. Quindi non ci deve stupire che anche l’opinione pubblica che ha votato, nella stragrande maggioranza a favore di Biden, e i mezzi di comunicazione di massa non ne possano più di Trump. Francamente anche noi.

GeoMario, cose di questo mondo – Con Mario Tozzi


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