Ci piacerebbe, ma non possiamo avere certezze in questo senso, che queste righe non venissero interpretate a seconda di chi è interista e chi invece ha in antipatia i colori nerazzurri, altrimenti ancora una volta una questione di principio – che può scaturire anche da qualche minuto di recupero dopo uno 0 – 3 – verrebbe derubricata a contesa campanilistica, un genere nel quale saremo sempre campioni mondiali, dalla politica allo sport, da Dante a…Calenda, per dire.
O Simone Inzaghi, per l ‘appunto, il quale andava espulso per la richiesta di evitare i minuti di recupero, a termini di regolamento, ma è la cosa meno importante. Ciò che ci preme sottolineare, stigmatizzandolo senza esitazioni, è la mentalità che c’è dietro la richiesta del tecnico nerazzurro, con il sovrappiù dell’esasperazione dei modi: spia della più vetusta mentalità “italiota”, ossia italiana nella degenerazione dei costumi. Capiamo, perché al suo posto l’avrebbero provata tutti, la frustrazione per l’eliminazione e la perentoria sconfitta subita da un avversario non casuale; quello che condanniamo è l’automatismo della richiesta, spia di una mentalità, di un modo di pensare che è proprio del nostro calcio perché è radicato nel Paese in generale.
Pretendere di non disputare i minuti di recupero perché “è meglio così”: come il fatto che un avversario debba fermarsi dopo aver messo a segno il quarto o quinto gol (che invece è la vera mancanza di rispetto nei confronti degli sconfitti, in questo modo anche umiliati); come la passeggiata obbligatoria sotto le curve in caso di sconfitta e via elencando. Il rispetto del regolamento in Inghilterra o in Spagna non conosce distinguo o risultato, a meno che non sia il direttore di gara a decidere per una questione di opportunità, ma senza che nessuno si sogni di chiederlo.
Nel nostro calcio, diventa “presa per il c..o“, in base al riflesso mentale per cui ci sarà sempre chi sarà pronto ad assolvere una miriade di comportamenti in nome del “così fan tutti”; anzi: della sua degenerazione sintetizzabile in “tutti avremmo fatto così”, che non è vero ma rischia di diventarlo se non lo puntualizziamo ogni volta. Senza capire, perché non ci riusciamo proprio, che le vere prese…in giro sono quelle alle quali si condanna da sé un ambiente, forse un popolo intero, che non riesce a fare a meno di essere furbo, che è ben distante dall’agire in modo intelligente; all’occorrenza omertoso; a volte ipocrita; scorretto, infine, quasi sempre senza accorgersene, perché siamo abituati da generazioni.
Vale anche, questo discorso, per tutta una serie di altre storture del nostro ambiente pallonaro – in tutti i sensi – che pretende di derubricare a “inopportuni” o “imbarazzanti” i contatti con capi ultras dall’elevato profilo criminale, con la ulteriore perversione dei distinguo secondo i quali lo ndranghetista della Juventus o di qualche altra curva è più cattivo del mio. Va beh, in questo finale siamo andati oltre, ma meno di Inzaghi.
Paolo Marcacci