Il tempo della decisione si avvicina. La prossima domenica 20 settembre, insieme a parte del lunedì seguente, sarà la volta del cosiddetto “election day”. Da una parte i cittadini di 6 regioni dal Nord al Sud Italia saranno chiamati a rinnovare i propri rappresentanti territoriali.

Dall’altra l’intero popolo italiano si esprimerà sulla modifica o meno della Costituzione attraverso un referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari. Per l’esattezza, dai 945 attuali ai 600 eventuali.

La chiamata alle urne arriva alla fine di un tortuoso e controverso percorso legislativo, che ha fatto discutere per il trasformismo con il quale i nostri politici hanno agito anche in questa occasione.

Ad avere una posizione incerta fino agli ultimi giorni è stato il Partito Democratico che soltanto dopo la recente riunione della “direzione nazionale” ha sciolto le riserve e dettato la linea del sì al taglio. Per commentare la scelta, il deputato dem Stefano Ceccanti è stato intervistato da Stefano Molinari e Luigia Luciani.

Ecco l’intervento del deputato Ceccanti a “Lavori in corso”.

“Siamo in una sorta di monocameralismo casuale. Perché se il lavoro capita alla Camera tocca solo alla Camera e se capita al Senato tocca solo al Senato. I temi di ammodernamento sarebbero molti.

Questo numero di 600 parlamentari non è inventato. Allora, questa cosa va bene insieme alle altre. Però per fare le altre c’è bisogno di fare un primo passaggio. Se non riuscisse nemmeno a passare un quesito così semplice, nessun partito ne farebbe altri. Questa è solo la prima tappa.

Tutti i deputati del Partito Democratico hanno votato sì alla Camera, tranne una deputata che si è astenuta. Quindi la decisione dell’altro giorno è conseguente alla decisione del Parlamento.

La legge elettorale è una legge ordinaria. Non si può valutare la riforma costituzionale sulla base di una legge ordinaria. Le ragioni per cambiare la legge elettorale in larga parte non c’entrano con la riduzione del numero dei parlamentari”.

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