La questione era ormai uscita dal pensiero di larga parte dei cittadini, ma è stato proprio il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede a riprendere l’argomento in un’intervista uscita oggi sul quotidiano “la Repubblica”: la metà dei boss mafiosi, usciti dal carcere in pieno lockdown a causa del pericolo di contrarre il covid, sono ancora ai domiciliari.

Con esattezza sono 112 i detenuti, che prima della loro uscita erano sottoposti al regime del 41 bis, a non essere rientrati nelle proprie celle. Su un totale di 223, che Bonafede aveva provveduto a snellire dopo essere entrato nel vortice delle polemiche.

Ora il Guardasigilli torna nuovamente al centro del dibattito politico, soprattutto a causa delle invettive lanciate da opposizioni e correnti giustizialiste. Ma dal punto di vista tecnico del diritto, chi è dalla parte della ragione? Luigia Luciani e Stefano Molinari lo hanno chiesto all’avvocato Roberto Afeltra che ha argomentato dal suo punto di vista giuridico.

Ecco l’intervista all’Avv. Afeltra a “Lavori in corso”.

Punto giuridico

“Tecnicamente la situazione è la seguente, senza se e senza ma. Nel momento più importante del covid il direttore del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha emesso una circolare affermando che: qualora in determinate circostanze e in determinati istituti penitenziari, ove anche vi fossero stati dei soggetti al 41 bis e anche dei condannati per misure cautelari, caso per caso bisognava verificare se la situzione fisica fosse o meno compatibile con l’ipotesi che fossero contagiati dal covid”.

La convalida del Dap

La valutazione deve essere fatta caso per caso e ce ne sono già moltissimi che superato il periodo del picco sono stati riportati in carcere. C’è una circolare del direttore del Dap che giustifica tale situazione”.

Smentita dall’Europa

La Corte Europea e la Convenzione dei diritti dell’uomo dicono che non si può togliere il diritto alla valutazione. Chi dice il contrario va in contrasto con la convenzione europea dei diritto dell’uomo”.

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