Ravanusa, la pandemia non esiste! E gli fanno un TSO“.
Così titolava l’11 maggio un articolo di Repubblica. Un giovane 33enne di Ravanusa in provincia di Agrigento si era messo a circolare per le vie a bordo della sua macchina e aveva preso a urlare col megafono che la pandemia non esiste e che occorre opporsi a questa situazione.

Metodi forse esagerati, si potrà dire, ma comunque previsti dalla Costituzione italiana, in cui l’articolo 21 recita che tutti hanno il diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Anche il megafono pare rientrare di diritto nella voce “ogni altro mezzo di diffusione”.

Come già si è detto, la società postmoderna si caratterizza anche per la moltiplicazione prismatica dei punti di vista e, proprio come le violenze di Genova del 2001, anche quella di Ravanusa è stata ripresa da un cellulare.
Le immagini sono in effetti d’impatto: mostrano le forze dell’ordine che bloccano il ragazzo e in seconda battuta i medici che lo sedano con una puntura.
Il ragazzo viene infine portato via.

Non risulta avesse precedenti di questo tipo, né che avesse subito prima d’allora un TSO.
Perché dunque un trattamento simile a chi stava esprimendo, come previsto dalla Costituzione, il proprio dissenziente punto di vista?

Il caso di Dario Musso (così si chiama il giovane di Ravanusa) fa il paio con un altro di qualche settimana precedente: “Avvocatessa tedesca critica la quarantena: la portano in un reparto psichiatrico“. Così era scritto sull’Huffington Post del 15 aprile.
Beate Bahner è il nome della cittadina tedesca fermata domenica dalla polizia con difficoltà perché aveva opposto qualche resistenza”, si afferma nell’articolo.
E ancora, “l’avvocatessa tedesca è stata portata come misura precauzionale in un reparto psichiatrico e nell’ospedale è stata visitata da un medico che poi ha deciso di trattenerla“.

Ella aveva affermato che il virus è innocuo per il 95% della popolazione e che mai si sarebbe perdonata se come avvocato non avesse preso iniziative per proteggere il diritto con tutti gli strumenti a disposizione.

Di queste due vicende colpisce un aspetto: il modo in cui nel nuovo regime sanitario anche il dissenso e l’indocilità ragionata siano trattate come una malattia.
L’ordine del discorso medico, che da subito si è imposto come egemonico, ha finito per saturare ogni spazio della vita pubblica e politica.
Se nei precedenti regimi il dissenziente era incarcerato, in quello sanitario è internato in apposite strutture mediche e sottoposto addirittura al TSO.

Il dissenziente diventa così una delle tante figure del malato che deve essere riportato alla condizione di salute, ovvero l’accettazione del dominante ordine reale simbolico.
Scriveva Orwell in 1984: “Tu sei qui perché non sei stato capace di essere umile, di disciplinare te stesso. Non hai voluto compiere quell’atto di sottomissione che è il prezzo della sanità mentale. Hai preferito essere pazzo“.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro


ISCRIVITI AL NOSTRO CANALE YOUTUBE

LEGGI ANCHE: