Scriveva Gramsci che il lavoratore deve sempre diffidare dal giornale e deve farlo giacché esso è il giornale dei padroni, i quali di necessità devono universalizzare e glorificare il proprio punto di vista e, quindi, il proprio interesse.

Se Antonio Gramsci fosse ancora vivo vedrebbe confermata la sua tesi, a maggior ragione per quel che concerne la vicenda di questi giorni.
Le proteste galliche dei lavoratori stanno mettendo a ferro e fuoco la Francia, quasi come se si trattasse di un ritorno delle giubbe gialle.

Come sono state interpretate queste proteste da parte dei nostri quotidiani?
Francia, così le proteste fanno emergere il lato bestiale delle persone“. Questo il titolo del rotocalco sabaudo ma sempre più cosmopolita “La Stampa”, quotidiano che i torinesi appellano da sempre “la bugiarda”. Gli altri titoli dei nostri quotidiani nazionali non sono però dissimili.

Chi protesta in nome dei diritti sociali e della democrazia, in nome del lavoro e dei salari non è nemmeno più derubricato come sovranista e populista: è adesso direttamente diffamato come bestia.

Insomma, è sempre la stessa storia.
La voce del padrone e i signori della parola sempre celebrano le proteste che non sfiorano i reali rapporti di forza, o addirittura che li rinsaldano.

Ecco allora la celebrazione a tutta pagina che la chiacchiera giornalistica ha operato e continua a operare di Greta e di Olga, di Carola e dulcis in fundo delle sardine nostrane.
Al contrario, al cospetto delle giubbe gialle e delle proteste galliche il potere e i suoi pretoriani scriventi procedono in direzione opposta: demonizzano, condannano, ostracizzano.

In Francia qualcosa si è risvegliato e non lo fermeranno certo le chiacchiere giornalistiche e i pugni sul tavolo del padronato cosmopolitico.
Forse, con la bella immagine di Hegel, la splendida aurora di un nuovo orizzonte sarà ancora una volta annunziata dal canto del gallo francese.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro

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