Ormai è evidente, è sotto gli occhi di tutti: l’odierna società del turbocapitale borderless si fonda sull’eccesso, sulla dismisura , sul trascendimento di ogni forma di limite e ci pone dinanzi alla verità a suo tempo annunciata dal filosofo antiutilitarista Marcel Mauss.

Le società tradizionali, sostiene Mauss, pur essendo diverse e spesso totalmente eterogenee presentavano tutte un trade union. Tale elemento accomunante deve essere ravvisato nell’opposizione fermissima e incondizionata a quella che Platone chiamerebbe la “πλεονεξία” (pleonexìa), cioè il voler avere sempre di più.

La pleonexìa rappresenta l’anima segreta dell’odierna economia di mercato, e corrisponde all’aristotelico concetto dell’arte di produrre beni, che in quanto arte non è destinata al soddisfacimento di bisogni umani ed è perciò una produzione che non ha fine.

L’odierna economia di mercato, centrata sulla pleonexìa, manda in frantumi il circuito dell’economia del dono propria delle civiltà tradizionali che precedono il capitalismo.
Il circuito del dono è quello che si regge sul donare, ricevere e restituire: ebbene, gli odierni cultori della pleonexìa capitalistica, rovesciano costantemente il circuito del dono.

Il cultore della pleonexìa capitalistica non dona, non riceve, non restituisce. Semplicemente prende sempre di più, disconoscendo i meccanismi del donare e del ricevere.

Se volessimo esprimerlo con le grammatiche di Marx, l’odierna economia si fonda su un prendere sempre di più che mette a repentaglio la vita stessa dell’ecosistema, degli animali e dell’essere umano, giacché la pleonexìa considera l’esistente come fondo disponibile alla crescita illimitata.

La ricchezza“, scriveva il poeta Teognide, “diviene follia presso l’uomo“.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro


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