Svolta asset russi: Kallas rammaricata, Italia a bordo ▷ “Trump può battere l’UE” | Con Marcello Foa

La proposta di utilizzare gli oltre 220 miliardi di dollari di beni russi congelati nelle banche europee sta incontrando una resistenza sempre più forte all’interno dell’Unione Europea. A pochi giorni dal Consiglio europeo decisivo, la ministra degli Esteri dell’Ue Kaja Kallas ha ammesso che il piano difficilmente verrà approvato: troppa la contrarietà di diversi Stati membri, tra cui – e non senza sorpresa – l’Italia.

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Roma, scrive “Politico”, si sarebbe opposta con maggiore decisione di quanto dichiarato pubblicamente da esponenti del governo Meloni.
Al fianco dell’Italia si collocano Belgio, Bulgaria, Malta, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, un folto gruppo che, pur non arrivando a costituire una minoranza di blocco, rischia di aprire una frattura profonda nel Consiglio. Il caso belga è particolarmente delicato: la maggior parte degli asset russi congelati si trova presso una banca di Bruxelles, e il governo belga non sembra intenzionato a cedere alle pressioni della Commissione europea, nonostante le tensioni interne che questo atteggiamento sta generando.
Ma l’opposizione non arriva solo dal Vecchio Continente. Fonti diplomatiche indicano che anche l’amministrazione Trump – in fase di riorganizzazione della propria politica estera – starebbe esercitando forti pressioni sugli alleati europei per abbandonare il progetto.

La motivazione è geopolitica: sequestrare i fondi russi per destinarli, almeno in parte, al sostegno militare all’Ucraina renderebbe quasi impossibile qualsiasi trattativa di pace con Mosca, minando la credibilità stessa dell’Europa come interlocutore negoziale.
Il nodo politico è quindi duplice. Da un lato, gli Stati favorevoli – guidati dall’asse formato da Ursula von der Leyen, Kallas, Emmanuel Macron, Friedrich Merz e il premier britannico Keir Starmer – insistono sul principio di responsabilità economica della Russia. Dall’altro, i contrari temono un effetto boomerang: un precedente pericoloso che potrebbe destabilizzare i mercati e rendere più difficile una futura distensione con il Cremlino.
In questo braccio di ferro, la posizione italiana emerge come uno degli elementi più sorprendenti. Meloni, pur senza annunci ufficiali, si starebbe muovendo in coordinamento con vari partner europei contrari all’uso degli asset come strumenti di guerra. Se l’iniziativa dovesse effettivamente fallire, sarebbe una vittoria politica per i governi più cauti – e, secondo molti osservatori, anche per Donald Trump – mentre rappresenterebbe una sconfitta pesante per la Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Un passaggio che potrebbe cambiare, in modo clamoroso, gli equilibri interni dell’Unione.

A Un Giorno Speciale ne abbiamo parlato con Marcello Foa.