Nella capitale, la cura Ranieri ha dato evidentemente i suoi frutti. Da quando il tecnico di testaccio è tornato sulla panchina dei giallorossi, il rendimento della squadra è migliorato tremendamente: solo Inter e Napoli hanno fatto più punti (rispettivamente 46 e 45 punti, contro i 44 dei romanisti). Addirittura, se si tengono in considerazione solo le 14 giornate disputate del girone di ritorno, la Roma è nettamente prima, sulla spinta anche di giocatori ‘inaspettati’ come Shomurodov e Soulé.
L’aggettivo, per entrambi i calciatori non vuole essere un insulto, ma una semplice constatazione della realtà. Prima dell’arrivo di Ranieri, per motivi diversi, si trattava di giocatori che avevano avuto molte difficoltà, non ricoprendo affatto un ruolo centrale nel progetto. Per l’ex Juve e Frosinone Matias Soulé, in particolare, questo è stato molto evidente sia da un punto di vista ambientale che tattico.
Roma-Soulé: le ragioni di un inizio difficile
Infatti, da un lato è importante ricordare il peso mediatico che ha accompagnato il suo acquisto, sia per l’entità del costo del suo cartellino (25,6 milioni + 4 di bonus variabili); sia per l’ottimo rendimento che l’argentino ha avuto nella passata stagione con i ciociari (11 gol e 3 assist in 33 presenze). E questo, anche alla luce della sua giovane età (classe 2003), non è un fatto da sottovalutare: il salto da una realtà piccola come il Frosinone, al ‘frullatore‘ della Roma, per Soulé non deve essere stato affatto facile.
Dall’altro, poi, è indubbio l’equivoco tattico e strategico nato dalla scelta di puntare sull’acquisto di un calciatore dalle sue caratteristiche, tenendo in rosa (più o meno volontariamente) un giocatore ‘simile’ come Paulo Dybala. È chiaro: probabilmente nelle idee iniziali del club c’era quella di cambiare modulo e passare al 4-3-3, in modo da sfruttare la familiarità di Soulé con la fascia destra, e in particolare la linea laterale del campo.
Così non è stato, sia per conciliare la permanenza di un fuoriclasse come Dybala con gli equilibri della squadra; sia perché la gestione scellerata della società (con 3 allenatori diversi da agosto a dicembre) ha portato probabilmente al bisogno di affidarsi a formule già note alla squadra. Per caratteristiche, infatti, oltre che per abitudine ormai pluriennale, la difesa a 3 era (e forse è sempre stata) la struttura più comoda e adatta per la rosa dei giallorossi.
La poca esperienza, così come questa lunga serie dì equivoci, hanno fatto sì che l’ambientamento di Matias Soulé sia stato più che difficoltoso.
Parma, 16 febbraio: da quel giorno, è stato tutto un altro Soulé
Ma da due mesi a questa parte, la situazione si è ribaltata completamente. Dopo che a gennaio è stato vicinissimo anche alla cessione in prestito (direzione Premier League), il rendimento dell’argentino ha avuto un’evoluzione sorprendente. Un po’ per il lavoro e la fiducia che Ranieri gli ha dedicato; un po’ per necessità, visto l’infortunio di Paulo Dybala contro il Cagliari, Soulé ha giocato sempre più minuti, rivelandosi un protagonista assoluto.
I numeri parlano chiaro: da Parma-Roma dello scorso 16 febbraio (inclusa), Soulé ha giocato tutte e 9 le partite di Serie A, mettendo a segno 3 gol e 2 assist in 716 minuti totali. Si parla di un’azione da gol ogni circa 143 minuti. Tutt’altra cosa rispetto alla prima metà di stagione. Nelle prime 24 giornate, infatti, l’esterno ex Juventus ha collezionato solamente 13 presenze (spesso partendo dalla panchina), mettendo a segno solo 1 rete.
La primavera ha risvegliato la speranza dei tifosi e del club sul futuro del ragazzo. Dopo i tanti mugugni delle prime settimane, per la prima volta Soulé sta offrendo prestazioni all’altezza delle attese. Ma vietato adagiarsi sugli allori. Sia lui che tutta la squadra, in vista del sogno Champions League, dovranno continuare a dare il massimo in questo finale di stagione.