“Ucraina? Solo la miccia. Ecco come il mondo sta cambiando sopra le nostre teste” | Enrico Michetti

Un ordine mondiale figlio di Yalta

Secondo Enrico Michetti, il conflitto tra Russia e Ucraina non può essere letto semplicemente come un episodio isolato di aggressione o come un confronto tra due Stati. Al contrario, rappresenta la riemersione di un ordine geopolitico mai realmente superato. “Quanto venne definito a Yalta, sulle aree di influenza, quello rimase comunque una regolazione dei confini geopolitici ancora in essere”, afferma l’ex candidato sindaco di Roma ai microfoni di Un Giorno Speciale. A suo avviso, la caduta dell’URSS non cancellò gli equilibri stabiliti alla fine della Seconda guerra mondiale. Anzi, proprio in virtù del potenziale distruttivo allora presente — “c’erano delle potenze che avevano degli ordigni nucleari” — la transizione post-sovietica fu gestita in modo “morbido, senza traumi”. Tuttavia, quei confini ideologici e territoriali restarono impressi nella struttura profonda dell’Europa orientale, oggi tornati al centro del confronto globale.

Il ritorno del parallelo: sfere d’influenza e nostalgia sovietica

Michetti interpreta il conflitto ucraino come un tentativo russo di ristabilire il parallelo storico, quella linea di influenza che, per decenni, ha separato il blocco sovietico dall’Occidente. “Quel parallelo Putin lo vuole ripristinare”, spiega. Non si tratta, dunque, solo di Ucraina o Crimea, ma di un processo di ridefinizione della geopolitica mondiale. “Il parallelo non si attesta su Mosca, ma sulla Bielorussia, sull’Ucraina”, sostiene, con riferimento ai paesi che storicamente si trovavano sotto l’influenza dell’Armata Rossa. Inoltre, Michetti evidenzia come in diverse ex repubbliche sovietiche vi sia oggi un senso di ambivalenza verso il passato comunista, dove in alcuni casi “quello che è venuto dopo è stato peggio”. In questo contesto, la debolezza delle democrazie post-sovietiche emerge come un nodo irrisolto.

Le democrazie in crisi e l’illusione del mercato

Nel ragionamento di Michetti, l’attuale crisi non riguarda solo il fronte orientale, ma coinvolge direttamente l’Occidente e la sua capacità di gestire le transizioni storiche e sociali. “La democrazia finisce nel momento in cui diventa escludente”, afferma, criticando l’incapacità del sistema democratico di intercettare spinte riformatrici radicali. Il parallelo con l’Europa postbellica è chiaro: dopo la Prima guerra mondiale, solo Inghilterra e Francia riuscirono a mantenere sistemi liberali, “perché avevano imperi coloniali che garantivano risorse e pace sociale”. Gli altri paesi, invece, persero il contatto con le esigenze reali dei cittadini: “In Italia la democrazia non sapeva fare la riforma agraria, non capiva il processo di industrializzazione.” Oggi, a detta di Michetti, le multinazionali hanno scalato i partiti, governano la propaganda e mirano a trasformare gli Stati in terre da conquistare per motivi economici.