Sanna Marin è stata chiara: volete la fine della guerra? “Putin se ne vada dall’Ucraina“. Semplice, lineare. Forse troppo però.
Sì, perché se qualcuno deve andarsene – come Putin in questo caso – qualcun altro deve mettersi al tavolo delle trattative: forse difficile dopo il divieto di Zelensky di trattare con il capo del Cremlino, e se si aspetta il colpo di Stato che lo rovesci, si rischia di aspettare Godot.
Attesa che non è detto sia contemplata dalla cabina di regia americana. Il New York Times continua a essere pungente nelle inchieste e rivela l’irritazione della Casa Bianca dopo l’esplosione sul ponte di Kerch (riaperto ora parzialmente al traffico) che collega la Russia alla penisola di Crimea. Una mossa che può rivelarsi devastante sul breve termine – Mosca promette vendetta – dal momento in cui il viadotto è cruciale per i rifornimenti delle truppe russe nel sud dell’Ucraina.

Ma l’importanza del ponte non è solo militare: costruito all’indomani dell’annessione della Crimea e inaugurato dallo stesso Putin, quel viadotto gode di una grande considerazione dalle parti di Mosca, che lo ritiene un capitale “politico e simbolico”, come giustamente riporta Sabrina Provenzani sul Fatto Quotidiano.

Dalle parti del Cremlino lo chiamano già “sabotaggio ucraino”, e questo non piace neanche agli USA, che non avrebbero concordato con gli alleati alcun blitz. Intanto qualcuno parla già di “rete di potere parallela stile Gladio con Zelensky che subisce”. Sarà vero?
Il premier ucraino ha avuto un cambio di atteggiamento significativo negli ultimi mesi: lo scorso dicembre, agli albori della crisi, spingeva per la trattativa; ora non se ne parla nemmeno, a meno che Putin non venga destituito e ammesso che arrivi qualcuno di “più morbido” e in tempi brevi.
Detto ciò la sindrome da stanchezza del colosso a stelle e strisce sembra sempre più evidente: la guerra in Ucraina negli USA non è più un tema politico così sentito dagli americani e le somme di denaro investite iniziano a essere ingenti. Il cambiamento si coglie anche da noi: dalla psicosi di metà marzo siamo passati a una quiete estiva che ora torna a imbizzarrirsi. I dubbi della Casa Bianca sembrano ormai essere una certezza.