Il 25 settembre è ormai alle porte. E nonostante la campagna elettorale stia procedendo senza esclusione di colpi, il pericolo dell’astensionismo è dietro l’angolo: sono in molti a credere che un gran numero di italiani diserterà le urne. Matteo Gracis, giornalista indipendente e fondatore de L’Indipendente, sebbene si spenda quotidianamente per portare l’attenzione dei cittadini su temi di interesse pubblico e abbia le idee molto chiare su cosa non va nella politica tradizionale, è ancora in alto mare sulla scelta di un partito che possa rappresentarlo al meglio.
“Siamo sempre più delle colonie”
“Probabilmente non andrò neanche a votare, lo deciderò all’ultimo secondo in base agli impegni che avrò il giorno dopo perché purtroppo sono sempre più convinto, come diceva Mark Twain, che ‘se votare facesse la differenza, non ce lo farebbero fare’. Oltre a questo, sono estremamente convinto del fatto che qualsiasi partito verrà eletto, non cambierà in alcun modo il programma e l’agenda, che non viene dettata dal Parlamento o il Governo italiano, bensì dall’Europa o dagli Stati Uniti: noi siamo sempre più delle colonie, le decisioni per noi si prendono a Washington e a Bruxelles, ogni tanto anche a Berlino e a Parigi, e poi arrivano a Roma. Quindi, cosa cambia metter su Pinco o Pallino? Nulla”.
La vera politica? Lontano dalle urne
“Io non sono per il non andare a votare, credo che ognuno debba fare quello che ritiene più giusto. Io non so ancora cosa farò, probabilmente se quel giorno avrò un po’ di tempo libero andrò in cabina elettorale a mettere una ‘x’, ben sapendo che quella ‘x’ non servirà quasi a niente e che la vera politica si fa non tanto in una cabina elettorale, ma quando non si entra in un supermercato, creando una scuola parentale o un asilo in un bosco, istituendo un orto urbano condiviso, con il consumo critico, con la decrescita. Questa è la vera politica, quella che fanno a Roma è un’altra roba. Bisogna slegarsi da questo sistema e costruirne uno nuovo“.
“Troppi galli nel pollaio”
E se si fosse creato un unico partito del dissenso che unisse tutti i piccoli partiti che, ad oggi, non sono riusciti a far fronte comune? “Probabilmente sarei andato a votare più volentieri e avrei messo una ‘x’ più convinta e speranzosa. Avere un fronte comune sarebbe stata cosa buona e giusta, così si fa solo il gioco del sistema”. Perché non sono riusciti a unirsi allora? “Ci sono tante opinioni diverse su questo. Forse, troppi galli nel pollaio. Mi sarebbe piaciuto vedere la nascita di un partito con un solo punto in programma, ossia: ‘Ci atteniamo alla Costituzione italiana’. Dobbiamo ripartire da quello”.