La premessa è che ci sono statistiche in base alle quali diventa un po’ faticoso parlare di semplici casualità; diciamo criticità ricorrenti, allora, quali possono essere definiti determinati atteggiamenti del Signor Di Bello con la Roma, per esempio. Si badi bene: gli atteggiamenti ancor prima delle decisioni: la posa ostile di chi in partenza non è disposto ad ascoltare, il piglio autoritario – non autorevole, sia chiaro, perché le parole hanno un peso e perché quando c’è autorevolezza non c’è una pioggia di cartellini – e il cipiglio ducesco da primo (?) della classe.
Se poi volessimo prendere in esame le decisioni, dovremmo tirare fuori una casistica che comincia ben prima della partita del “Maradona” e conta episodi più nitidi ancora del rigore su Zaniolo o dell’espulsione sacrosanta di Zanoli che sarebbe stata sacrosanta.
A chi dovesse pensare che questa sia una questione da orticello romanista e che ci sia alla base una visione di parte, rispondiamo che è proprio questo modo di interpretare le nostre analisi che continua a favorire il proliferare dell’aspetto peggiore di una generazione di arbitri non eccelsi tecnicamente ma che continuano a sentirsi dei fenomeni: la presunzione, che affonda le radici nel “divide et impera” dei vari campanilismi.
PROF. PAOLO MARCACCI