Il miglior modo per sanificare, come oggi è in voga dire, la propria dimora consiste nel liberarla dalla televisione. La televisione è il potere in salotto, diceva Baudrillard, ossia una centrale d’informazione allineata mediante la quale viene colonizzata la nostra dimora, il nostro spazio più sacro.

Pur non avendo la televisione mi capita di vedere spezzoni televisivi mediante l’internet. L’altro giorno mi sono imbattuto in un passaggio che mi ha colpito della giornalista di LA7 Myrta Merlino, la quale si contraddistingue per modi garbati ed eleganti. Queste le sue puntuali parole: “Non sento questa tragedia dell’apartheid”. Myrta Merlino si stava riferendo ovviamente a coloro i quali con buone ragioni, a mio giudizio, stanno ampiamente criticando questo sistema di discriminazione in forza del quale si stanno producendo vere e proprie discriminazioni giustificate mediante un lessico medico-scientifico. Noi sappiamo che le discriminazioni sono sempre e comunque inaccettabili.

Per questo motivo l’infame tessera verde, nel frattempo diventata super, ripugna la ragione per coloro i quali naturalmente ancora abbiano a cuore l’uso del logos e non siano percepitati nell’ampia sfera di coloro che Platone definisce “gli spregiatori del logos”. L’infame tessera verde e la sua versione super sono ripugnanti in ragione del fatto che introducono automaticamente una discriminazione generando cittadini di seconda classe che si vedono privati di una sere di diritti e libertà per altro costituzionalmente riconosciuti e non prevedono l’esercizio mediato dall’uso dell’infame tessera verde.

Lo stesso Mario Draghi, l’euroinomane di Bruxelles, disse impudemente che spera che quelli che per ora non sono stati benedetti con il siero sempre laudando in saecula saeculorum possano tornare presto a far parte della società. Formula abominevole che lascia trasparite come chi oggi si trovi senza tessera verde è di per se escluso dalla società

Tornando alle parole di Myrta Merlino, bisognerebbe sottolineare con garbo che di solito a sentire la tragedia dell’apartheid sono quelli che lo subiscono. È chiaro che i bianchi non pativano la tragedia dell’apartheid sia chiaro, invece patita e subita dai neri. Allo stesso modo possiamo dire che l’apartheid terapeutico e la discriminazione dell’infame tessera verde non è sentito da chi non la patisce sulla propria pelle, sulla propria carne viva ma è sentita però da tutti coloro i quali ne sono privi e sono per questo declassati a cittadini di seconda classe.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro