Il calcio non impara, o meglio: non riesce a imparare nemmeno dai conti (che non tornavano già prima della pandemia) e dalle riflessioni che, numeri alla mano, due stagioni di Covid hanno pesantemente condizionato.
Un esempio fra i tanti che potremmo pescare dal mazzo, mentre allargando un poco la visuale è tutto un ginepraio di società storiche che falliscono: l’eventuale rinnovo di Bernardeschi con la Juventus. Con la premessa che non si vuol fare un processo alle intenzioni ma evidenziare la discrepanza tra la realtà come è diventata e come gli attori del calcio sembrano continuare a percepirla.

Libero di firmare da gennaio poiché va in scadenza a giugno, passato alla scuderia di Pastorello, nel frattempo autore di prestazioni che hanno innalzato i livelli del consenso attorno a lui, “Berna” viaggia sui quattro milioni di ingaggio. Quattro. Preistoria, dal punto di vista gestionale imposto dal momento storico e, ribadiamo, dalla spietata evidenza dei conti; non dei conti della Juventus ma dell’intero calcio italiano.
Eppure, un (bel) po’ di assist nelle ultime giornate e il ritorno al gol sono bastati per far percepire al nuovo entourage del giocatore di poter negoziare su cifre al livello dell’ingaggio esistente, con condimento di dichiarazioni da parte di Pastorello che potremmo giudicare un po’ freddine nei confronti della Juventus: dire che si lavora per accontentarlo e che può partire è citare un diritto e un dato di fatto; però in un momento di prestazioni positive, certamente utili alla negoziazione, equivale anche a disconoscere l’attesa che la Juventus ha avuto nei suoi confronti in mesi di prestazioni non memorabili (anche perché utilizzato a volte fuori ruolo). La sensazione che danno i protagonisti del calcio, del nostro perlomeno, è ancora sempre la stessa: a parole tutti mostrano di comprendere le nuove esigenze dettate dal momento; nei fatti si continua a ragionare su cifre che sconquassano i bilanci dei club.

Paolo Marcacci