Nella Repubblica dei bonus non poteva mancare l’incentivo sul vaccino. Arrivano più soldi per i medici che vaccinano più pazienti contro il covid.

La nuova frontiera per incrementare la somministrazione del vaccino è firmata Lombardia, che nei giorni scorsi ha siglato un accordo con i principali sindacati dei medici di base. Questo “patto” prevede un sistema di premi in denaro che scatteranno non appena saranno centrati gli obiettivi della campagna vaccinale.

Ecco cosa si legge nell’intesa siglata tra le parti: “la Regione si rende disponibile a valutare con le ATS (Agenzie di Tutela della Salute) […] il fabbisogno di risorse per la premialità (definita in prima lettura indicativamente in € 1.500,00 – oneri esclusi – al raggiungimento del primo livello di risultato)”.

Cosa vuol dire? Che per incentivare i medici di famiglia a inoculare il vaccino anti coronavirus si è deciso di riempire le loro tasche.

“Si riconosce ai medici di medicina generale partecipanti – prosegue il testo dell’accordo – la quota del governo clinico a valere per l’anno 2021 graduata in relazione al livello di raggiungimento della copertura vaccinale dei propri assistiti”.

In pratica, in questa sorta di gioco a premi, se il medico riuscirà a raggiungere una copertura vaccinale di almeno il 20% dei propri pazienti entrerà nelle “aree di risultato economico”, che gli garantiranno dei veri e propri incentivi: un bonus di 1.500,00 euro che ciascun medico di famiglia riceverà da un ente pubblico per aver soddisfatto le sue richieste.

Così la Lombardia, che di recente ha fatto discutere per la bassa percentuale di popolazione vaccinata, cerca di cambiare marcia “arricchendo” (in tutti i sensi) la propria strategia.

In una nota della Fimmg Lombardia (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) si scopre l’obiettivo finale di questo piano: “delle circa 18 milioni di dosi da somministrare ai lombardi entro fine ottobre, 4-5 milioni potranno essere somministrate dai medici di famiglia”.

Tra gli elementi chiave dell’accordo c’è anche, al punto 2.2, la possibilità di procedere con le somministrazioni non necessariamente negli studi medici ma anche — e soprattutto — in altre strutture esterne messe a disposizione, in collaborazione con enti locali, Ats e cooperative di medicina generale. La prerogativa diviene dunque di vaccinare ovunque possibile e con ogni mezzo a disposizione, elargendo con contributi extra i camici bianchi di base.

In questa direzione, per incentivare non solo il lavoro dei medici ma anche del personale di studio, la Regione ha stanziato un fondo per una cifra pari a 1,5 milioni di euro.

Indirizzatao a chi? Agli gli operatori che lavorano insieme ai medici di base e che li assisteranno nelle vaccinazioni aumentando le proprie ore lavorative… e di conseguenza anche il loro stipendio.

E se comunque ci fosse ancora quacluno, tra medici e assistenti, non convinto da questa operazione, l’intesa Lombardia-sindacati prevede un’operazione di consulenza per chi non ha risposto alla prima chiamata o è scettico.

La pandemia ci aveva già dimostrato come i confini tra la mission sanitaria e quella economica siano sempre più labili.

Ora, questo nuovo patto, non dovrebbe quantomeno indurre a una riflessione sull’opportunità che un medico riceva un compenso “ad hoc” per somministrare un trattamento sanitario?