È tempo di doppia campagna elettorale e tra le varie forze politiche si dibatte e si discute sui temi all’ordine del giorno: elezioni regionali e referendum nazionale per la riduzione del numero dei parlamentari. Appuntamenti sicuramente importanti nell’agenda della politica nostrana, ma secondo alcuni critici non determinanti per le sorti del nostro Paese.

Da una certa corrente di pensiero arriva l’opinione che, se realmente si vuole instaurare un cambio di passo in Italia, sono altri gli argini da scardinare e sono da un’altra parte i paletti da abbattere. E cioè nel sistema economico vigente, che ha il predominio sulle decisioni di stampo politico.

A tal punto – come spiega il professor Valerio Malvezzi intervenendo ai microfoni di Fabio Duranti e Francesco Vergovich – che gli stessi parlamentari sanno che “prendono un lauto stipendio facendo nulla”. Proprio perché non hanno il potere di incidere sulle decisioni che contano davvero.

Questo l’approfondimento di Valerio Malvezzi a “Un giorno speciale”.

“Oggi quando dico che bisogna distruggere l’economia capitalistica vedo che la maggior parte delle persone vorrebbe mettermi la camicia di forza, ma ci sono altre che mi ascoltano.

Negli ultimi anni noi abbiamo avuto molti movimenti e partiti politici che dell’invidia sociale hanno fatto un motore. Un motore basato sulla cattiveria. Anche Nietzsche ne “Il viandante e la sua ombra” ci spiega che l’invidia è quella cosa che cerca di abbassare gli altri al proprio livello o alzare noi a loro. Questo è esattamente il ragionamento alla base del taglio del numero dei parlamentari.

Non è che facendo attività politica tu rispondi alle istanze del popolo. Per esempio se c’è il pareggio di bilancio in Costituzione tu sai già che vai a prendere un lauto stipendio facendo nulla.

Le questioni da dibattere non sono la legge elettorale, il numero di parlamentari ecc. Ma sono affrontare la questione del perché siamo fermi ad un modello economico che crea strutturalmente e volontariamente la disoccupazione. Perché dobbiamo essere poveri e chi ci guadagna in tutto questo”?


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