Ci provarono con Cossiga, ma andò male perché la vittima si rivelò più feroce del carnefice. Non soltanto i carabinieri a palazzo dei Marescialli, sede del CSM, ma accuse pesantissime al “sindacato” della magistratura a cui non segui mai una querela.
Il Presidente Cossiga sino all’ultimo giorno che il Padreterno gli concesse, utilizzò la clava. Ed ogni sassolino che si toglieva dalla scarpa arrivava come un macigno all’indirizzo dei giudici politicizzati, sindacalizzati o comunque schierati. 

Concluso il settennato del Presidente Cossiga prese le mosse Tangentopoli. 
L’attacco fu sferrato in maniera inesorabile e ad ampio spettro. Era stato preparato in ogni dettaglio. 
Fu improvviso e colse impreparata un’intera classe dirigente che per codardia, per cinismo o semplicemente perché non avrebbe mai pensato che… rinunciò persino a difendersi. 

Si fece annientare e linciare senza opporre la benché minima resistenza. 

La politica in quel periodo non aveva avuto più all’opposizione il Partito Comunista crollato a seguito dell’effetto domino causato dalla caduta del muro di Berlino. 
Democristiani e Socialisti, tracotanti ed arroganti, pensavano ormai di aver vinto la guerra ed erano pronti a spartirsi il bottino. Purtroppo, non fecero nulla per allentare la morsa clientelare e l’agire troppo spesso grassatorio. 

La classe dirigente non proveniva più dalle scuole di partito che vennero ritenute superate dalla chiesa unica, rappresentata dal pentapartito ormai imperante ed incontrastato. 

Pensavano di cantarsela e suonarsela. I politici di razza erano sempre meno, tanti abbandonavano per raggiunti limiti di età, altri vivevano la loro ultima stagione con gli stessi fasti e lo stesso sfarzo dei pompeiani prima della tremenda eruzione. 

La colata, allora, come prima, non risparmiò quasi nessuno. 

Craxi, fu l’unico, che tardivamente, cercò di indurre l’assemblea parlamentare ad assumersi delle responsabilità, ma ormai era troppo tardi. 

Nessuno ebbe il coraggio di contraddirlo, ma tutti ebbero il coraggio di pugnalarlo. 

La morte politica del “Bufalo” ingolosiva troppo un Parlamento sempre più cinico e pronto a sostituire gli spazi lasciati. 

Ma Craxi fu come Sansone con i Filistei al suo confino coincise l’estromissione dalla vita politica di quasi tutta la prima Repubblica

Fu un colpo di stato? Non saprei rispondere.

Certo che quella classe dirigente non aveva saputo rinnovarsi, aveva perso le buone abitudini di una formazione rigorosa e di una selezione altrettanto puntuale del proprio personale, come del resto anche il cursus honorum iniziava a lasciare il passo al nepotismo ed ai soldi. 

La deriva clientelare aveva preso piede in maniera ormai non più plausibile: c’era bisogno di un rivoluzione politica, non giudiziaria-finanziaria. 

Quella politica ormai logora aveva bisogno di ripulirsi internamente ed attraverso il popolo, prendendo coscienza dei comportamenti che offendevano il decoro e la reputazione di un uomo di Stato. 

Ma il sistema dei partiti ancora funzionava ed il cittadino attraverso le sezioni aveva la consapevolezza di una presenza reale, costante e capillare sul territorio. È vero che le sezioni facevano politica di mercato, ma intercettavano problemi ed in un modo o nell’altro li risolvevano. 

Il cittadino soddisfatto si accasava in questo o in quel partito ne diveniva riconoscente sostenitore e procacciatore di adepti, talvolta il sostegno era anche economico, spesso in ragione dell’entità del sostegno che chiedeva al partito. 

Il popolo che tanto demonizzava, a chiacchiere, la raccomandazione poi, faceva a gara per accaparrarsela. 

Se voi pensate che la Pubblica Amministrazione dal dopoguerra ad oggi ha assunto, a vario titolo, decine di milioni di persone e che almeno l’ottanta per cento di queste hanno avuto una “spintarella” potete immaginare quanto fosse popolare, diffuso, praticato ed accettato il sistema. 

Poi, ufficialmente nessuno ammetteva di aver ricorso direttamente o indirettamente al sistema gentilizio. 

Tutti pubblicamente criticavano il sistema, ma poi alla prova dei fatti si servivano del sistema per se e per altri considerandolo una sorta di mutuo soccorso, ovvero di previdenza integrativa. 

Quel sistema all’origine era nato per formare il cittadino alla politica, partendo dal suo territorio, per raccomandare allo stato di curarsi di eventi o circostanze mortificate dal vuoto normativo, per far sentire al cittadino una presenza costante e vicina dell’azione politica. Per lanciare le persone più appassionate e più in grado di rappresentare le istanze della propria comunità. 

Questa era la politica all’origine. 

E tante erano le lacune e le vicende disgraziate a cui dare una risposta che uno Stato in piena ricostruzione non riusciva ad offrire ed ad intercettare, che venivano armonizzate con una azione diretta della sezione, una sentinella vitale di cui si ricorda soltanto il malaffare del tardo periodo della decadenza della prima repubblica e non si rammenta di quanti dimenticati hanno avuto una strada e di quanti politici di primo piano hanno mosso i primi passi proprio in quei luoghi spesso collocati in disagiate periferie. 

La Costituzione era al centro del sistema, l’unica vera linea guida che nessuno si sarebbe mai sognato di ignorare. 

Andava rigenerato il sistema, non sostituita la politica con una dittatura finanziaria giudiziaria, andavano protetti l’Italia ed suo popolo da ingerenze speculative che in nome della necessità di una pulizia generale, quasi etnica, hanno sradicato il germe del pensiero libero, di una vita sociale attiva, di una solidarietà di prossimità tra cittadini, avversata e sostituita da una solidarietà danarosa, imposta e riconosciuta come tale soltanto se praticata a vantaggio di poveri disgraziati esterni al nostro paese, attraverso procedure lucrative, schiavizzanti e spesso generando manovalanza di servizio alla criminalità.

Di formazione neanche a parlarne, hanno fatto credere che la politica non la meriti, che uno vale uno ed ognuno può accomodarsi subito in Parlamento e pontificare. 

Il disegno distruttivo e soprattutto di accaparramento del grande patrimonio pubblico nazionale prevedeva la sostituzione della classe politica che aveva mille difetti che necessitava di un nuovo corso, ma che mai avrebbe venduto il Paese e mortificato la Costituzione. 

Avevano bisogno di una classe dirigente nuova che venisse da zero, di improvvisati, con poche idee e tanta demagogia, tra cui anche mezzi busti televisivi e starlette, che una volta al potere fossero pronti, lusingati dal privilegio, ad abdicare ad ogni forma di dignità pur di restare incollati sulla poltrona. 

Quanto alle idee, gli ordinatori, predatori del nuovo sistema le hanno ben chiare. 
Ed il nuovo personale politico che hanno scelto è assolutamente vocato al raggiungimento degli obiettivi. 

La nuova classe dirigente è priva di ogni forma di cultura organizzativa. 
Accetta le scelte economiche dettate dall’alto, supinamente si affida continuamente a terzi e continua a cambiare idea come se nulla fosse. 
Ha un solo progetto politico: fare debiti

Quanto al rispetto della Costituzione si avvale della facoltà di non averla letta. 

Figuriamoci a me cosa interessa di Salvini, ma che il sistema sia sempre lo stesso, credo che non lo possa negare nessuno. 

Dalla condanna di chi “non poteva non sapere” a quella di chi doveva essere fatto fuori a prescindere “con una sentenza già scritta prima del processo” con “imput dall’alto” per non parlare di “porcherie”. 

Oggi l’ennesimo plotone di esecuzione per eliminare un avversario politico, non attraverso la politica, come dovrebbe essere, ma attraverso l’utilizzo dell’organo repressivo e di una legge incostituzionale. 

E guardate che oggi tocca a Salvini, su cui qualche illustre esponente sembrerebbe aver già predicato qualche indirizzo, e domani toccherà a chiunque si opporrà alla nuova dittatura imperante ed ai suoi servi sciocchi.

Enrico Michetti


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