Il punto sullo scandalo del Csm iniziato con un’indagine per corruzione e che ha portato alla luce i legami tra politica e magistratura.


Bettino Craxi “non poteva non sapere”. Fu condannato principalmente per questo, perché non poteva non sapere cosa facesse il segretario amministrativo del suo partito. Ma ci torno dopo. 

Conoscete la mia posizione fedele alla Costituzione in merito a chi sia indagato. La presunzione di innocenza. Soprattutto nella fase in cui il magistrato ancora non ha elementi per chiedere il rinvio a giudizio e potrebbe determinarsi nel verso della richiesta di archiviazione. Una fase in cui la persona non ha ancora avuto la possibilità di contraddire, di difendersi. 

Difesi Marino dal linciaggio mediatico. Non perché fosse innocente, come poi i giudici hanno sentenziato, ma perché si dovesse attendere una sentenza definitiva di condanna prima di esporlo al pubblico ludibrio. 

La stessa cosa feci con la Raggi, la quale poi è andata assolta. 

Parimenti dissi del pentastellato Presidente del Consiglio Capitolino, nonostante le registrazioni per alcuni gravemente compromettenti per le quali è stato finanche prontamente defenestrato dal capo del suo movimento. 

Occorre attendere prima di ” “uccidere” una persona. 

Persino Cosentino che, in tutta onestà, aveva anche in me scoraggiato qualsivoglia difesa preventiva, poi è stato definitamente assolto sia in appello che in Cassazione. 

Una serie infinita di indagati innocenti, immolati al disegno di persistente di ultra criminalizzazione della politica.

Termino, per ragioni di spazio, con Mastella, costretto alle dimissioni ed alla pubblica gogna. Membro di un governo caduto per effetto domino, poi, prosciolto da ogni accusa dieci anni dopo.

Li ho difesi quindi, non perché presagissi la loro finale innocenza. Ma in ossequio ad un principio di civiltà sancito nella Costituzione in virtù del quale nessuno può essere dichiarato colpevole sino alla comminazione di una sentenza definitiva di condanna. 

In un Paese in cui vige l’obbligatorietà dell’azione penale, basta una denuncia anonima, magari di un balordo che vorrebbe per interessi personali screditare l’immagine di un politico magari perbene, che nei confronti di costui immediatamente parta una indagine tesa ad accertare la veridicità di quanto postulato nelle accuse. 

I magistrati considerano l’indagine un atto dovuto. 

Dispiace francamente che troppo spesso al politico il lieto evento dell’iscrizione al registro degli indagati gli venga comunicato direttamente dalla stampa prima che dai preposti.

La lunga premessa per aprire una riflessione su quanto sta accadendo nel mondo della magistratura. 

Premesso quindi, che la presunzione di innocenza vale per tutti e quindi, chiaramente anche per i magistrati, mi stupirono al tempo, le dichiarazioni di un alto magistrato esperto in reati contro la Pubblica Amministrazione, che in una trasmissione televisiva disse, più o meno, che tutti i funzionari pubblici fossero corrotti, e laddove non fossero corrotti fossero conniventi perché non denunciavano i loro colleghi corrotti. 

Forse tale considerazione compartecipativa prende le mosse quale corollario dell’assunto che “non potessero non sapere”?

Sul punto fu chiesto all’applauditissimo magistrato se il politico indagato per corruzione si dovesse dimettere ed egli da raffinato comunicatore rispose con una metafora ossia se i presenti avrebbero fatto accompagnare a scuola i loro figli da un soggetto indagato per pedofilia.

Capisco i giornali che debbono vendere, ma i magistrati no. 

Un principio costituzionale fondamentale non può essere “travisato” da un magistrato. E’ il suo mestiere. Su quei principi giudica le persone. 

Ma poi, come si fa a paragonare il reato di corruzione con la pedofilia? 

La corruzione si ha quando un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, ed è punito con la reclusione da uno a sei anni. 

La corruzione per quanto disdicevole ed inaccettabile, e’ un reato che si consuma tra il cittadino ed il funzionario o l’amministratore pubblico con pari responsabilità in virtù di un accordo che va bene ad entrambi. 

Che cosa c’entra con la pedofilia che è un reato efferato commesso con violenza ai danni di un minore che non ha gli strumenti psicofisici per difendersi? 

Considerate che avere un posto di lavoro nella pubblica amministrazione in cambio di un regalo (magari il famoso prosciutto, od altro servizio) e’ corruzione. 

Mi domando, in 70 anni di Repubblica, quanti sono stati assunti nella pubblica amministrazione per raccomandazione (concorsi truccati, gente già assegnataria del posto prima del concorso, punteggi farlocchi, od addirittura chiamate dirette). E quindi, quanti sarebbero incorsi nel reato di corruzione o di traffico illecito di influenze? 

A sentire il personale pubblico sembrerebbe che nessuno sia entrato per raccomandazione, ma tutti esclusivamente per merito, sancito da regolare concorso. 

E quindi tutti abilitati a lagnarsi della corruzione degli altri (raccomandazione truffaldina, od altro genere di utilità, servizi, danaro, lavoro, donne – o uomini, a seconda dei gusti -, viaggi, cene e monili vari).   

Ora che ad essere indagati di corruzione sono dei giudici, nei confronti dei quali per me vale la medesima presunzione di innocenza, occorrerebbe chiedere a quel giudice, molto noto e molto apprezzato, se anche nei confronti dei colleghi valga la metafora del pedofilo. 

E se quindi, anche i colleghi si dovrebbero dimettere dall’incarico magistratuale. Perché verrebbe facile pensare in ragione del predetto (assurdo) paragone: chi si farebbe giudicare da un magistrato indagato per corruzione? 

Ed ancora mi permetterei di chiedergli se anche per i magistrati vale il detto: o corrotti o conniventi, riguardante i funzionari pubblici, come se i magistrati non lo fossero (funzionari pubblici). 

Mi chiedo, assolutamente in via generale, se un magistrato che abbia ricoperto incarichi di vertice, nel malaugurato caso di fondatezza delle accuse (che spero francamente non si verifichi, che si tratti quindi, di maldicenze invidiose volte a screditare le persone), anche il magistrato che gli è a fianco non potrebbe non sapere? 

Resto della mia idea, fedele alla Costituzione, offrendo sempre fiducia al Prossimo perché possa dimostrare la propria innocenza e comunque sino a che non intervenga una sentenza definitiva di condanna. 

E mi farebbe tanto piacere che tutta la magistratura la pensasse così. 

La Magistratura a cui peraltro va il mio più assoluto rispetto, in quanto quotidianamente impegnata nell’assolvimento di un compito che ritengo il più difficile in assoluto. Giudicare le persone in nome del popolo italiano. Anche perché se la magistratura si considerasse non soltanto un organo indipendente, ma un organo “privilegiato”, non si parlerebbe più di Ordine, ma di Casta.


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