Incomincio con una domanda, rivolta a Di Francesco Eusebio: che cosa significa, in una partita di battaglia, sostituire El Shaarawy con trottolino amoroso Kluivert? Non significa nulla o forse sta a significare che nemmeno l’allenatore ci stava capendo più nulla, mentre la sua squadra andava in barca in ogni zona del campo.

La Roma non è esistita mai davvero, ha lanciato tre petardi, in classico contropiede italiano, quindi ha spento le luci e ha concesso all’Atalanta gioco e partita, graziata dal numero enorme di errori bergamaschi in fase offensiva. Male, malissimo in mezzo al campo la squadra giallorossa, appena decente in Zaniolo, ma limitatamente al primo tempo, nulla in Cristante e Pellegrini, anestetica in N’Zonzi, tenuta in piedi da Manolas a volte troppo istintivo nelle sue uscite ma straziante in Marcano e Karlsdorp, così come Florenzi a nuotare nel nevischio e Olsen non molto reattivo sul gol di Zapata (deviazione di Manolas). Che pensare di una Roma che non ha spina dorsale, che non sa gestire le difficoltà, che ha bisogno assoluto di recuperare De Rossi? Perché nessuno ha le qualità e la personalità per raggrumare attorno a sé il gioco, semmai molti si nascondono, Kluivert fra questi ma anche Cristante e Pellegrini e Dzeko abbandonato a se stesso dopo la doppietta.

L’Atalanta ha fatto tutto da sola, è stata la solita, arrembante, veloce di fosforo e di gamba, pronta a reagire alla sfortuna e allo svantaggio, capace di mettere in mostra Papu Gomez nel ruolo di uomo dovunque ma con tecnica ed astuzia, con lui Ilicic che mille ne inventa e una ne indovina. Risultato non meritato, dunque, per la Roma che ha ribadito vecchi vizietti, premesse di squadra e mai la sicurezza di essere tale. Ci pensi Pallotta da Boston o da dove egli preferisca. Ci pensi anche Baldini, da Londra o da dove egli sia. Ci pensi Mochi che sappiamo domiciliato a Roma. Non ci pensi Di Francesco. Ha già avuto tutto il tempo per riflettere

Tony Damascelli