Ci risiamo. Passano gli anni e tutto si trasforma. Cambiano squadre e allenatori, variano le strutture societarie, vengono modificate le regole del gioco e lo stesso calcio, influenzato dal virus, ha invertito alcuni suoi paradigmi intoccabili ante-covid. Una sola sembra essere la costante: la Juventus che si laurea Campione d’Italia. Perlomeno così accade da nove anni. Quasi un decennio di trionfi in bianconero, che ad ogni finale di stagione si ritrovano ad alzare al cielo lo Scudetto, come in una sorta di circolo virtuoso e vittorioso.

Un ciclo inaugurato nel sempre più lontano 2011-2012, la Juventus guidata proprio da Antonio Conte e costruita proprio da Beppe Marotta. Zoccolo duro di quella prima e vincente struttura societaria, poi emigrati in casa dell’acerrima nemica Inter che quest’anno, tra alti e bassi, ha tentato invano di strappare il titolo alla Vecchia Signora. Le incredibili giravolte del mondo del pallone. Una Juventus dunque, che negli anni ha seguito l’antico detto italico del cambiare tutto per restare sempre uguale. Un motto che, proprio perché incarna lo spirito del nostro Paese, le ha permesso di trionfare soltanto tra i confini nazionali.

A partire da quel primo undici sceso in campo nel settembre del 2011 contro il Parma, che vedeva interpreti del calibro di Pirlo e Del Piero, ma includeva anche comprimari come De Ceglie e Giaccherini. Fino all’attuale formazione vincitrice del nono Scudetto consecutivo con tanti protagonisti e quasi nessuna comparsa: Cristiano, Dybala, Higuain, Douglas Costa, Bernardeschi e chi più ne ha più ne metta. Nel mezzo, tra gli Scudetti che si sommavano e la rosa che si andava perfezionando, una serie di giocatori senza infamia e senza lode hanno potuto militare nella Juventus e fregiarsi a fine stagione del titolo di campione d’Italia.

Da Osvaldo a Ronaldo. Così la rosa della Juventus si è evoluta nel tempo. Noi abbiamo selezionato gli undici impresentabili di questi anni, umili sollevatori di trofei pur non trovando spazio nemmeno nella partitella del giovedì. Tenetevi forte perché in totale questa squadra ha collezionato 19 Scudetti ed un numero inquantificabile di panchine riscaldate.

Carlo Pinsoglio

A difendere i pali dei nove volte Campioni d’Italia un indiscusso leader carismatico dello spogliatoio: Carlo Pinsoglio. Lo sappiamo, fare il terzo portiere di una grande squadra porta con sé più borracce raccolte che parate compiute. Ma nel caso dell’omone di Moncalieri, lunga trafila nelle giovanili dei bianconeri, 2 presenze ufficiali sono state sufficienti per portarsi a casa 3 campionati italiani di fila dal 2018 al 2020, compreso quest’anno. Più Scudetti che partite giocate.

Paolo De Ceglie

Seguendo il tradizionale ordine di lettura da fascia sinistra a fascia destra, il secondo prescelto “nel 2010 era ritenuto uno dei giocatori più veloci della Serie ” (fonte Wikipedia). Nativo di Aosta, ma origini pugliesi, per Paolo De Ceglie. Anche nel suo caso, grande militanza nella primavera juventina con esordio in prima squadra nell’anno della B. Da lì in poi un numero discreto di presenze accumulate, un paio di goal e soprattutto 3 Tricolori tra il 2012 e il 2015, raccolti quasi per caso.

Federico Peluso

Sarebbe una missione impossibile spiegare le motivazioni che sottendono l’ascesa calcistica di Federico Peluso. Il terzino romano, spesso adattato a difensore centrale, prima della chiamata della Vecchia Signora portava con sé esperienze nei campi di Pro Vercelli, Ternana, Albinoleffe e Atalanta (pre-Gasperini). E se è vero che la fortuna è cieca, nel caso di Peluso si è pure messa le mani negli occhi. Passa alla Juventus il 3 gennaio 2013, giocherà col contagocce, resterà un paio d’anni e conquisterà altrettanti Scudetti.

Benedikt Höwedes

Torniamo in tempi più recenti grazie ad uno dei pochi colpi a vuoto messi a segno dalla premiata ditta Marotta-Paratici. Eppure a giudicare dal palmarès, dove spicca quel Mondiale conquistato con la Germania nel 2014, le premesse per Benedikt Höwedes erano molto più rosee di quelle poi concretizzate. In bianconero ha militato solo un anno, stagione 17-18, per tre misere presenze in totale. Tanto gli è bastato per fare spazio in bacheca al titolo di Campione d’Italia.

Rômulo

Si contanto con una sola mano anche le presenze nella Juventus di Rômulo Souza Orestes Caldeira, conosciuto semplicemente come Rômulo. Con la Vecchia Signora, il giocatore chiamato per arare la fascia nei momenti di necessità ha lasciato la panchina per il terreno di gioco soltanto in quattro occasioni. Gli sono comunque valse lo Scudetto 2014-2015. Uno di quei calciatori che sembra essere venuto in Italia per visitarla, prima ancora che per giocarci. Prima di Torino, Firenze e Verona. Dopo Torino, destinazione Genova, Roma e quest’anno Brescia.

Miloš Krasić

Qui la situazione comincia ad essere “grave ma non seria”. Al cospetto di Miloš Krasić tanti si sono inchinati nel suo primo anno di Juve, a tal punto da ribattezzarlo il “nuovo Nedved”. Brividi. In realtà i seguaci del serbo sono stati abbagliata dalla sua chioma dorata simil Nedved, tanto da accostarlo a quel mix diabolico di tecnica e tenacia della furia ceca. A farli ricredere sono bastati due allenamenti insieme ad Antonio Conte, che lo ha relegato in panchina per tutta la stagione 11-12. Alla fine, però, a sollevare il primo Scudetto della serie ancora in atto c’era pure lui, Miloš Krasić.

Luca Marrone

In mediana qualità e duttilità con Luca Marrone, accompagnato da quel rivedibile soprannome, “Luke Brown”, affibbiatogli dai tifosi juventini in quelle rare volte che ha calcato il rettangolo di gioco. Più presenze nelle giovanili bianconere che in prima squadra, dove comunque ha militato fino al 2015. Un lungo via vai di trasferimenti e ritorni a Torino hanno caratterizzato la sua carriere bianconera. Così Marrone ha alternato con nonchalance la Juventus con Siena, Sassuolo e Carpi. Ma, al momento di alzare la Coppa al cielo è stato sempre presente: risultato? 3 Scudetti a zero, per lui.

Hernanes

A Roma l’hanno conosciuto a fondo, ed anche amato, come “er profeta” Hernanes. A Torino, invece, non ha trovato la stessa fortuna in termini di prestazioni e rapporto con la tifoseria. Di certo il centrocampista brasiliano non era stato chiamato per un compito banale, vale a dire sostituire nella stessa zona di campo la duplice partenza di Pirlo e Vidal. Le sue due stagioni in bianconero sono state un continuo retrocedere nelle gerarchie di Max Allegri, il quale ha anteposto ad Hernanes financo Stefano Sturaro e Mario Lemina. Non sono mancati comunque un paio di Scudetti. Obrigado!

Eljero Elia

Tridente offensivo. Torniamo alle origini della scalata juventina, 31 agosto 2011. E’ l’ultimo giorno di calciomercato, la Juventus di Marotta e Conte è in cerca del proverbiale colpo last-minute. Lo troverà acquistando dall’Amburgo per 9 milioni di euro un promettente esterno offensivo: l’olandese, tutt’altro che volante, Eljero Elia. Esordisce alla quinta giornata, dopo il nulla. Ne giocherà altre tre, soltanto perché Simone Pepe ed Emanuele Giaccherini non possono giocarle tutte. Insieme a loro e a tutta la squadra si fregerà, senza riserva alcuna, del primo di questi nove Scudetti juventini.

Nicolas Anelka

Uno dei più grandi oggetti misteriosi di questo decennio in bianco e nero ha un nome ed un cognome: Nicolas Anelka. Di questi undici impresentabili sicuramente è quello che è approdato a Torino esponendo il miglior curriculum. Ha vinto di tutto e con tutte, giocando dovunque e con chiunque. Spagna, Francia, Inghilterra e anche con la Nazionale. Con queste premesse arriva alla corte della Madama nel mercato invernale del gennaio 2013. Da quello stesso momento scompare, riappare giusto due volte in mezzo al campo e alla fine dei giochi aggiungerà in bacheca anche il titolo di Campione d’Italia.

Pablo Daniel Osvaldo

Chiudiamo in bellezza con una vera e propria rockstar del calcio. La formula di mercato con la quale Pablo Daniel Osvaldo nel gennaio 2014 si veste in bianconero dice tutto: prestito gratuito. A queste condizioni, che sanno quasi di ‘ve lo regaliamo’, la Juventus lo preleva dal Southampton e lo riporta in Italia. Dove nelle sue esperienze pregresse con Fiorentina e Roma era stato accostato a Gabriel Batistuta. Un po’ come paragonare Krasic a Nedved. Il destino è più o meno simile. Gioca poco e male, a maggio solleva il Tricolore, infine toglie il disturbo.

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