Il coronavirus assume dimensioni sempre più importanti, con il numero di contagi che aumenta non solo in Italia ma anche in Europa. Essendo un virus nuovo, sconosciuto fino a pochi mesi fa, trovare una cura non sarà una cosa rapida e l’unica soluzione al momento è quella dell’isolamento.

A preoccupare – oltre alla contagiosità e al tasso di letalità del virus – è il pericolo del collasso del sistema sanitario nazionale. Il numero di posti in terapia intensiva è infatti limitato e se il virus non si arrestasse ci sarebbe il pericolo di non riuscire a fornire a tutti l’assistenza necessaria.

Come si sta comportando l’Italia rispetto alla diffusione del Coronavirus? Quali sono le ultime novità in campo medico per fronteggiare questa emergenza?

Ecco l’intervista al Prof. Maurizio Sanguinetti, membro del Pool Esperti Covid-19, a ‘Lavori in Corso’.

“C’è un incremento ovunque, la pandemia si espande”

“Quello che ha detto Boris Johnson è una sua idea, certo un capo di Stato dovrebbe avere molta più prudenza a dire cose di questo tipo senza fondamento.

Non tutti gli altri paesi in Europa ragionano così, abbiamo esempi in Spagna, Francia e Olanda che prendono sul serio questa problematica. C’è un incremento ovunque, la pandemia si espande e noi sfortunatamente siamo una decina di giorni di vantaggio rispetto agli altri paesi.

Ci sono varie esperienze nel mondo, come quella Coreana che ha puntato sulla diagnostica, e i risultati sembrano interessanti, c’è una quantità di morti inferiore alla nostra. Adesso è importante quello che faremo domani: prepararsi, prepararsi, prepararsi”.

“Non bisogna pensare al 2% o al 6% di letalità…”

Il fatto che ci siano molti più malati – come afferma Massimo Galli – è probabile, non avendo un’analisi a tappeto non sappiamo quante persone senza sintomi hanno sviluppato e superato la malattia. Questo non significa che se noi abbiamo 300.000 malati il numero di morti aumenta significativamente. Se ragioniamo solo sulle percentuali il famoso tasso di letalità sarebbe inferiore. Però non è questo… non bisogna pensare al 2% o al 6% di letalità. Quello che ha di problematico questa malattia è che ha una percentuale chiara di malati che devono essere assistiti mediante ventilazione. Questo è un fatto chiaro, è a questo che bisogna prepararsi. In questo caso non ci interessa la percentuale, ma il numero assoluto. Questo numero, considerando la diffusione della malattia, è importante. Dobbiamo prepararci in modo serio a questo impatto”.

“Il farmaco contro l’artrite agisce riducendo l’infiammazione ai polmoni”

“Il farmaco contro l’artrite è una cosa seria? Sì. Quello che sembra evidenziarsi è che questa malattia causa un’infiammazione, una reazione importante dell’organismo, in alcuni individui, che aggrava la polmonite già esistente. Questo è legato alla produzione di alcune sostanze che aumenta moltissimo questa infiammazione. Il farmaco agisce bloccandone l’azione, così riduce l’infiammazione. Può essere assolutamente utile in alcuni casi specifici, soprattutto quelli più gravi. Agisce contro l’esagerata reazione del nostro organismo, sui danni che il virus causa al polmone.

Riscontri positivi al momento? L’esempio che abbiamo è quello della Cina, ci sono voluti mesi e adesso i contagi sono diminuiti. Bisogna insistere”.


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