In questi giorni, Massimo D’Alema ha partecipato alla parata di Xi Jinping in Cina. Precisiamo subito: non ho dimenticato le vergognose politiche neoliberali che D’Alema ha difeso e sostenuto nel corso degli anni. Né ho rimosso le posizioni surreali da lui assunte durante la guerra in Serbia, quando appoggiò l’aggressione imperialistica della NATO contro Belgrado. Fu una delle tante oscenità dell’imperialismo a stelle e strisce, in quel caso sostenuto pienamente da D’Alema.
Ciò premesso, oggi D’Alema è – finalmente – dalla parte giusta della storia. La Cina di Xi Jinping rappresenta un’alternativa concreta alla anglobalizzazione coatta e all’imperialismo del capitale globalista. Xi è, probabilmente, lo statista più lucido, sobrio e lungimirante oggi presente nello scacchiere geopolitico. Se nel 1999 D’Alema sbagliò tragicamente, oggi in parte si redime posizionandosi contro il dominio occidentale.
Massimo D’Alema da Xi Jinping: qual è il problema di “Fratelli di NATO”?
Come prevedibile, la destra bluet filoatlantista, filoisraeliana e filobancaria sta attaccando D’Alema con ferocia. Un esempio lampante è un post delirante della pagina ufficiale di Fratelli d’Italia, dove D’Alema viene accusato con toni violenti di appoggiare una presunta coalizione anti-occidentale.
Secondo la narrativa puerile di Fratelli d’Italia, da una parte ci sarebbe l’Occidente “buono”, che va sempre e comunque difeso, e dall’altra l’Oriente “cattivo”, con i “mostri” neocomunisti come Putin e Xi Jinping. Forse sfugge, a questi zelanti propagandisti atlantisti, che ciò che oggi chiamano Occidente è soltanto l’imperialismo statunitense, e coincide con la subalternità permanente dell’Italia alla civiltà del dollaro e alla sua libido dominandi planetaria.
La Russia e la Cina sono, oggi, l’unica speranza per un mondo multipolare, libero dal giogo dell’unipolarismo americano. Ma a Fratelli d’Italia pare non interessi: continuano a sostenere il dominio USA mascherandolo da patriottismo. Un patriottismo, peraltro, di cartapesta: chi si genuflette a Washington non può parlare di amore per la patria.
Il vero patriottismo? Liberarsi da Washington
Da Almirante a Giorgia Meloni, la storia della destra italiana – con le dovute proporzioni tra i personaggi – è una continua invocazione del patriottismo, accompagnata da una costante genuflessione agli USA. Il cosiddetto post-fascismo, come osservava Costanzo Preve, non è altro che un pittoresco processo di normalizzazione atlantista e liberale.
Per questo, ci permettiamo di offrire a Fratelli d’Italia una lezione non richiesta di patriottismo: oggi, essere patrioti significa rivendicare la liberazione dell’Italia dal giogo dell’imperialismo statunitense e dall’occupazione militare delle basi americane. E per farlo, serve aprire alle alleanze eurasiatiche e sganciarsi dalla subalternità a Washington.
Meglio amici di Mosca e Pechino, che zerbini eterni di Washington.










