Capire la Juventus quest’anno è questione di capire fin dove possono arrivare le ambizioni. Il Bernabeu sarebbe il palcoscenico ideale per farsi ingolosire a tal proposito, ma un teatro come quello dei blancos ha poco a che fare con l’attuale realtà della Juventus: un rudere della gloria che fu. Un rudere che può essere restaurato, certo, ma non un rudere che al momento può giocarsi i primi posti in Italia. Figurarsi in Champions, dove la classifica in questo momento parla chiaro, ma non va certo guardata dopo lo scontro ravvicinato col Real primo in Liga.

Capire la Juventus è capire le ambizioni, appunto, e di questo hanno parlato sia Tudor che Chiellini, uomo che dovrebbe diventare sempre più importante tra i colletti bianconeri: “Siamo una squadra che non può prescindere da un certo atteggiamento“, ha detto l’ex difensore che di serate così ne ha viste a bizzeffe – finite meglio.
L’atteggiamento c’è stato. Non accontentarsi di questo in una serata e in un momento del genere farebbe iscrivere gli scontenti al partito degli ultimi giapponesi, quelli che non vedono cos’è la Juventus adesso: una squadra con diverse lacune sul mercato ma anche con atleti non all’altezza delle prestazioni che hanno offerto in passato con maglie differenti. E la colpa è anche di Tudor, che la dirigenza non ha la minima idea o intenzione di mettere in discussione, figurarsi di esonerarlo per offrire ai tifosi un dejà vu dell‘ultima epoca morattiana, dove la caduta di teste in panchina ha offuscato le complicatezza di una situazione ben più grave a più livelli.

Contro il Real c’è l’atteggiamento, ma c’è pure la gestione. Il primo tempo si è concluso senza gol con una Juve partita molto bene, mostrando un buon approccio e costruendo alcune occasioni con tiri da fuori di McKennie e Gatti, mentre l’11 di Xabi Alonso è cresciuto a partita in corso, mettendo in difficoltà i bianconeri soprattutto nel finale con pericoli come un intervento decisivo di Di Gregorio su Mbappé. Nonostante qualche occasione per entrambe le squadre, nessuna riesce a segnare nel primo tempo.
Il vantaggio blancos arriva con la più classica delle sottotrame: nel momento migliore per Vlahovic e i suoi, Bellingham infila in porta un diagonale che avrebbe dovuto far entrare nel tabellino il nome di Vinicius ma che si stampa sul palo offrendo all’ex Borussia il più classico dei cioccolatini. Poi divampa il Real finché non entra in campo Conceicao.

E’ lì che la Juve riprende ritmo e coraggio, con un Kalulu che dà tutto sulla fascia (nonostante non sia chiaramente il suo ruolo quello da esterno). All’ex Milan manca il tocco di palla che non dovrebbe mancare a uno come Openda, a cui manca pure il coraggio quando si trova a tu per tu con Courtois e fallisce il pareggio con un tiro che rappresenta l’inizio della sua avventura in bianconero: snervante, scialbo, goffo.
L’atteggiamento c’è, ma guai a brindare a una sconfitta.