Mentre l’Italia pondera un possibile ritorno al nucleare, cresce il volume dei rifiuti radioattivi nel Paese. Secondo l’Inventario Nazionale dei Rifiuti Radioattivi aggiornato al 31 dicembre 2024, sono 33.766,60 metri cubi, con un incremento del 3,38% rispetto al 2023, di cui circa il 36% nel Lazio. Per fare chiarezza su questa delicata questione, Astrea ha intervistato Anna Francesca Mariani, ingegnere nucleare e direttrice del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico di Sogin, e Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia.
Rifiuti sparsi sul territorio: la necessità di un deposito unico
“I rifiuti in questo momento sono collocati presso vari depositi temporanei in Italia”, spiega Mariani. Sono presenti nelle ex centrali in dismissione, negli impianti ex Enea e in strutture ospedaliere e industriali distribuite in città come Milano, Roma, Pisa e Palermo.
“È fondamentale avere un sito unico per aumentare i livelli di sicurezza”, sottolinea l’ingegnere. Attualmente i rifiuti sono già sicuri, ma il deposito nazionale rappresenterà una soluzione definitiva per quelli a bassa e molto bassa attività, completando anche il decommissioning degli impianti nucleari.
Il progetto: barriere multiple e sicurezza per 300 anni
Il deposito nazionale sarà un’infrastruttura superficiale con barriere multiple per garantire la sicurezza nel tempo. “I rifiuti saranno inseriti in fusti cementati, collocati in moduli di calcestruzzo armato, e ogni cella conterrà 240 moduli”, spiega Mariani. Le strutture sono progettate per durare almeno 300 anni, fino alla decadenza della radioattività. Una collina multistrato proteggerà le celle dagli agenti atmosferici, assicurando che i rifiuti non entrino mai in contatto con l’ambiente esterno.
Parco tecnologico: innovazione e compensazioni
Il deposito sarà collocato all’interno di un parco tecnologico, spiega Tabarelli: “Si tratta di una struttura sofisticata che offre ricerca, innovazione e benefici per il territorio“. Oltre a garantire la sicurezza dei rifiuti, il progetto mira a valorizzare industrialmente le aree circostanti, offrendo opportunità di lavoro e investimenti.
Territori riluttanti e iter normativo
La ricerca del sito idoneo non è semplice: “Nessuno lo vuole perché tutti hanno paura della radiazione“, afferma Tabarelli. La normativa prevede una procedura condivisa, iniziata nel 2021 con la Carta delle Aree Potenzialmente Idonee. La fase di consultazione pubblica ha raccolto osservazioni, e ora la proposta è sottoposta a valutazione ambientale strategica. Solo dopo questa fase le aree disponibili potranno manifestare interesse. Chi accetterà la costruzione del deposito riceverà benefici e compensazioni, spiega Tabarelli: “Si tratta di un investimento di oltre un miliardo, con opportunità di ricerca e sviluppo, personale qualificato e crescita per il territorio”. La sfida resta quindi conciliare sicurezza, trasparenza e consenso locale.










