Una sentenza che fa discutere: il nodo del riconoscimento alle coppie omogenitoriali
La recente sentenza della Corte Costituzionale che ha riconosciuto il diritto a essere registrate entrambe come madri a due donne omosessuali ha riacceso il dibattito sul tema della genitorialità omosessuale. Tra le voci più critiche si leva quella dell’avvocato Simone Pillon, già senatore della Lega e noto per le sue posizioni conservatrici in materia di famiglia. Pillon bolla la decisione come “molto, molto grave”, sostenendo che rappresenti un’inaccettabile contraddizione giuridica: «La Corte aveva già pronunciato con grande chiarezza contro l’utero in affitto e contro i due papà, ma oggi invece dice che le due mamme vanno bene». Secondo l’ex parlamentare, si tratta di un passo che favorisce una “ideologia LGBT” a scapito del cosiddetto “diritto naturale”.
“Un atto ideologico che mente all’anagrafe”
Nel mirino di Pillon non c’è solo la legittimazione delle famiglie omogenitoriali, ma anche le modalità con cui queste si formano. Il riconoscimento legale di un figlio come appartenente a due madri, spiega, “non è una situazione di fatto ma una situazione che diventa di diritto”, e accusa: “L’anagrafe di fatto mente, perché quel bambino o quella bambina non è figlio di quelle due donne. La natura ci dice che c’è un papà da qualche parte”. La prassi dell’inseminazione artificiale con donatore, spesso realizzata all’estero, viene descritta da Pillon con toni fortemente critici: “Si chiama compravendita di gameti umani. Il seme viene pagato e scelto da un catalogo: occhi, capelli, intelligenza. È un mercato, regolato dalla legge della domanda e dell’offerta”.
Il rischio della cancellazione simbolica del padre
Al centro dell’intervento, c’è un concetto ricorrente: il diritto del bambino ad avere un padre. Per Pillon, il problema non sta nella convivenza tra adulti dello stesso sesso, ma nell’effetto che queste configurazioni familiari hanno sulla prole. “A me non cambia nulla, a loro probabilmente neanche. A quel bambino cambia il mondo”, afferma. La differenza sostanziale, secondo l’avvocato, sta nella “cancellazione completa della figura paterna”, sostituita da un “donatore anonimo” senza responsabilità né legame affettivo. È una mancanza che, secondo lui, si manifesta con forza nell’adolescenza: “Quel bambino, crescendo, dirà: ‘Scusatemi, chi è mio padre? Lo voglio conoscere’. Perché è un desiderio ineliminabile”.
L’appello al Parlamento: “Difendiamo i diritti dei più piccoli”
Per Pillon, la decisione della Consulta rappresenta un “sovvertimento dei più elementari criteri del diritto naturale”, e auspica un intervento politico deciso: “Spero che il Parlamento voglia ribaltare questa scelta”. Il punto non è morale, ma giuridico ed educativo, ribadisce: “Che due donne vivano insieme non mi turba. Ma se vengono coinvolti i bambini, dobbiamo mettere prima i loro diritti”. In un passaggio emblematico, Pillon denuncia la logica strumentale dell’intero sistema: “Due donne che usano il maschio semplicemente come fosse un inseminator da impiegare, da pagare. È questo il modello che vogliamo promuovere?”. Un interrogativo che, nelle sue intenzioni, chiama alla responsabilità le istituzioni.
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