Ancora in occasione della celebrazione della Giornata della Memoria, il 27 gennaio del 2025, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha spiegato solennemente, senza peraltro fare un solo cenno a quel che sta accadendo a Gaza, che il nazifascismo è una tentazione che torna. Queste le parole da lui impiegate. Abbiamo ancora una volta, immancabilmente, l’epifania del logoro ritornello dell’antifascismo in assenza di fascismo.
Un ritornello, lo precisiamo, che è strutturalmente funzionale alla tenuta dell’ordine neoliberale. L’abbiamo ripetuto più volte e lo sottolineiamo anche adesso. L’antifascismo in presenza di fascismo, come fu quello di Gramsci, era doveroso ed eroico.
Ma qual è la funzione dell’odierno antifascismo in assenza di fascismo, del tutto inaccostabile al nobile antifascismo di Gramsci? A nostro giudizio, l’antifascismo in assenza di fascismo figura oggi sostanzialmente come una patetica fiction svolta sostanzialmente a puntellare ideologicamente e a santificare propagandisticamente la società della violenza economica invisibile dei mercati. Svolge una parte sostanzialmente apotropaica, da che dirotta lo sguardo rispetto alla contraddizione principale e lascia intendere che la società così com’è sia in sé giusta e buona, dunque da difendere rispetto al ritorno del fascismo, a sua volta identificato propagandisticamente con ogni anelito di trasformazione della società data. Proprio incista la funzione apotropaica, mentre il manganello invisibile dei mercati massacra i lavoratori, ci viene detto che il nostro nemico è il fascismo, con il suo manganello ormai per fortuna morto e sepolto da diversi decenni.
Inutile sottolineare che oggi la violenza subita dai giovani lavoratori non sia più quella del manganello fascista ma quella del libero mercato concorrenziale e della competitività planetaria, che va riducendo ogni giorno le condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari, esercitando su di esse una violenza inaudita. L’unico senso che, a rigore, potrebbe avere oggi l’antifascismo sarebbe quello di determinarsi come anticapitalismo.
Ma è esattamente quello che non avviene, dato che, in maniera contraria, l’antifascismo viene impiegato come alibi per giustificare il capitalismo stesso nella sua forma finanziaria e precarizzante. Proprio così, l’antifascismo in assenza di fascismo permette alla massima parte delle forze politiche di non dover essere anticapitaliste in presenza di capitalismo, e anzi di farsi paladine del capitalismo stesso, che viene mutato ideologicamente in società democratica che deve essere difesa appunto dal ritorno del fascismo. Il paradosso, lampante e innegabile, sta oltretutto nel fatto che viene santificata come progressista e democratica la posizione di chi difende la società della asimmetria capitalistica, celebrata come non plus ultra della democrazia.
Viceversa viene demonizzata come fascista la posizione di chiunque aspiri a superare il capitalismo stesso. Per inciso, gli stessi Marx e Lenin, se tornassero mai in vita, sarebbero oggi puntualmente additati come fascisti dall’ordine discorsivo egemonico. Il capitalismo, che un tempo si servì del fascismo, oggi non ne ha più alcun bisogno e può utilizzarne la memoria come clave ideologica per giustificare se stesso nella sua nuova fase deregolamentata e finanziaria, anarchica e postmoderna.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro