Fa tutto Biraghi, in un certo senso, anche se la Fiorentina fa di tutto per non perdere la testa. Se la rompe, casomai, perché il capitano viola, che avrebbe dato il sangue per via di metafora pur di giocarsi questa finale, lo dà anche in senso letterale, quando una lunetta del calcio d’angolo diventa la discarica dei più beceri istinti della tifoseria degli Hammers. Schiuma residua di birra svanita e un accendino che apre il cuoio (non) capelluto del numero tre viola. La sua mano deposita sul dischetto lo svantaggio firmato da Benrahma, quando un’ora se n’è già andata e il penalty sembra una mezza sentenza. Mezza, per l’appunto: Amrabat al minuto 67 spedisce un lancio con i giri contati sulla testa di Nico Gonzalez che la mette in mezzo per Jack – mai così frusciante – Bonaventura: controllo di sinistro con l’uomo addosso e diagonale di destro intinto nell’arsenico, verso il palo più lontano. La più bella giocata della partita riporta equilibrio nel confronto.

Il calcio non è soltanto crudele, è anche irridente quando ti pugnala, mentre al contempo è munifico per chi scolpisce l’istante in cui i tuoi sogni finiscono in cenere nelle pagine più gloriose dei suoi almanacchi.

Spifferi tra le maglie difensive e un corridoio di disattenzioni: così si presenta Bowen, con uno schiaffo di frustrazione non può che salutare la palla Terracciano: la Conference ama le capitali, dopo Roma vola a Londra.