“Immorale”: così il British Medical Journal definì la sperimentazione che mise la parola fine al riconoscimento al livello statale della terapia ideata e sperimentata dal Professor Luigi Di Bella e oggi portata avanti dal figlio Giuseppe. Uno studio ancora in vita grazie alla Fondazione Di Bella, sostentata unicamente dalla generosità di chi ripone la propria fiducia nel Metodo.
Sopravvissero. Per poco più di un anno, ma sopravvissero. Nonostante farmaci scaduti, nonostante fossero ormai chemioresistenti, i pazienti sottoposti alla sperimentazione di verifica del Metodo Di Bella nel ’98, ebbero un’aspettativa di vita molto migliore di quella prefigurata nelle diagnosi. I farmaci utilizzati dai terapisti del Metodo sono in effetti documentati e sotto gli occhi di tutti nelle banche dati mondiali e in piattaforme come PubMed.Gov, voci non certo eretiche della medicina.
Eppure il 24 giugno 1998, i media diedero ampio spazio e massima evidenza ai presunti risultati deludenti di questo studio, affermando che dall’esame di parecchie migliaia di cartelle, un solo paziente risultava guarito con Metodo Di Bella. Purtroppo, o per fortuna, questi risultati erano totalmente privi di attendibilità.
Tanto che il comitato guida cercò di scusarsi con varie e opinabili argomentazioni. Nei limiti di tempo fissati dal comitato guida, la Prof Buratti, delle 10.000 cartelle circa da osservare ne esaminò 3076, di esse 1523 si riferivano a neoplasie, le altre a patologie non neoplastiche trattate dal Prof Di Bella. Non furono esaminate quelle dal 1997 in poi, lasso di tempo nel quale il Metodo Di Bella registrò i maggiori risultati che ne attestarono la fama.