La presidente Lagarde ha segnalato che i rischi di inflazione sono più bilanciati, lasciando intendere che la BCE sta recependo i primi segnali di inversione di un trend.
Detto in altri termini, l’intenzione dei falchi della Banca Centrale Europea è quella di rialzare ancora una volta i tassi di interesse di 50 punti base, cioè significa mezzo punto percentuale, con l’auspicio però, che da marzo si potrebbe optare per un rialzo più abbassato nel caso in cui i dati sull’inflazione dovessero segnalare un rallentamento. Anche se in realtà si rimpallano notizie di opposte, diciamo, visioni.
Allora il tasso del 3% sui depositi si confermerebbe una sorta di soglia di neutralità che potrebbe essere superata soltanto marginalmente. Scenario che è già stato ampiamente prezzato dal mercato.
Quindi l’inflazione generale potrebbe calare, secondo la BCE, mentre quella “core” potrebbe riprendere nello stesso periodo dopo avere attraversato una fase laterale intorno al 5%.
E in questo scenario, entro giugno la Banca Centrale Europea potrebbe avere ultimato il processo di rialzo dei tassi prima di una pausa di qualche mese. In prospettiva, insomma, verrebbe confermato uno scenario di progressivo calo dei tassi nel medio lungo termine e uno scenario di almeno 1,5% in termini di Bund 3,5% in termini di Buoni del Tesoro Pluriennale, cioè di BTP.

Bene, ora dobbiamo rilevare che le scelte della BCE sono stato per lo meno nell’ultimo anno totalmente inappropriate perché abbiamo trovato nella presidente Lagarde il tentativo di fare un compromesso tra la posizione dei falchi e quelle delle colombe, ponendosi sostanzialmente a fare una sorta di approccio democristiano, diplomatico se volete, di bilanciamento di sintesi che non ha senso.
La verità è che la BCE sta rincorrendo ormai da tempo la posizione della Fed, cioè della banca centrale americana, su una linea sbagliata, o meglio, per gli americani ha un senso perché l’inflazione americana è prevalentemente un’inflazione da spesa pubblica.
Ma in Europa non c’è un’inflazione da domanda, cioè non è che siano aumentate le richieste dei beni.
C’è una speculazione in atto, derivante tra l’altro da cause esogene, cioè da cause o di tipo bellico o riguardanti il tema della pandemia, cioè il fatto che a un certo punto finita la pandemia ci si sia trovati senza le risorse di materie prime di prodotti necessari. E quindi c’è stato uno shock esogeno.
Ecco, non capire queste cose o non volerle capire dimostra che qualche volta questa fiducia cieca nei mercati che hanno i neoliberisti è del tutto, diciamo, illogica.

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