Afghanistan: il 15 agosto 2021 i Talebani riprendono potere a Kabul dopo la fuga del presidente Ashraf Ghani. Oggi negano alle donne la possibilità di avere un’istruzione universitaria. I Talebani però stavano preparando il terreno da tempo: tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 ci sono stati nel Paese attacchi non rivendicati contro la società civile, giornalisti e attivisti. Circa cinque mesi fa, a denunciare la tragicità della situazione è stata l’UNAMA (Missione delle Nazioni Unite in Afghanistan), stilando e pubblicando un rapporto di 58 pagine sull’Afghanistan. Il documento evidenzia i fatti avvenuti dal 15 agosto 2021 al 15 giugno di quest’anno. Una catena di eventi che gradualmente ha ridotto i diritti fondamentali dell’essere umano, in primo luogo la libertà di espressione.

Dallo stesso rapporto emerge una leggera riduzione della violenza militare nei confronti delle minoranze etniche e religiose, che al contrario oggi è diventata più selettiva prendendo di mira la figura femminile, relegata alle faccende domestiche e perciò da ‘rimettere al proprio posto’, secondo l’interpretazione del Corano fatta propria dal regime talebano: “Donne e ragazze hanno visto progressivamente ridotti, e in molti casi completamente eliminati, i loro diritti a partecipare in pieno all’educazione, ai luoghi di lavoro e ad altri aspetti della vita pubblica. L’accesso alla giustizia per le vittime di violenza di genere è stato limitato con la chiusura dei meccanismi di denuncia, giustizia e protezione”. Così si legge nel rapporto UNAMA.

L’ennesima umiliazione per la donna, l’ennesima persecuzione di genere che in una parte dell’Oriente torna ad essere pane quotidiano. Assieme alle lacrime e alla delusione delle donne scattano stavolta anche le proteste: molti studenti universitari escono dalle università, alcuni professori si sono dimessi dalle stesse e un gruppo di ragazze scende in piazza a Kabul. Secondo le fonti della Bbc sono stati cinque gli arresti, di cui tre giornalisti. Sarà che il popolo è stanco, di quella stanchezza che non vede via d’uscita se non quella rivoluzionaria. E così il vento dell’Iran è arrivato anche in Afghanistan. La morte di Masha Amini, catturata dalla polizia morale a Teheran e uccisa solo per aver mostrato qualche ciocca di capelli dallo hijab, ha dato il via a una battaglia per i diritti comune che farà fatica a spegnersi.

Gli appelli di Amnesty International:

Afghanistan:

Chiedi alle autorità talebane a rispettare e garantire la protezione dei diritti umani in Afghanistan.

Agisci ora ed esorta i talebani a: 

  • Porre immediatamente fine alle gravi violazioni dei diritti umani in atto in Afghanistan, comprese rappresaglie e attacchi a minoranze etniche e religiose, donne e bambine, persone Lgbtqia+, difensori/e dei diritti umani, attivisti/e della società civile, giudici, avvocati/e, ex funzionari/e del governo, giornalisti/e;
  • Garantire alle donne e alle ragazze tutti i loro diritti, compreso l’accesso all’istruzione per le ragazze di tutte le età, riaprendo immediatamente tutte le scuole e le università, garantendo l’accesso all’assistenza sanitaria e consentendo alle donne di tornare al lavoro;
  • Garantire i diritti della popolazione afgana alla libertà di espressione e di associazione. I rapimenti, le detenzioni arbitrarie e le percosse contro giornalisti/e ai danni di/delle manifestanti pacifici devono finire;
  • Istituire meccanismi efficaci e trasparenti di indagine e di accertamento delle responsabilità che garantiscano giustizia per le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra inclusi – a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, sparizioni forzate, arresti arbitrari, detenzioni illegali, omicidi extragiudiziali – attraverso processi equi, senza ricorso alla pena di morte.

Iran:

Head of judiciary, Gholamhossein Mohseni Ejei

c/o Embassy of Iran to the European Union, Avenue Franklin Roosevelt No. 15, 1050 Bruxelles, Belgio

Egregio signor Gholamhossein Mohseni Ejei,
esprimo profonda preoccupazione per il fatto che le autorità iraniane stanno chiedendo la condanna alla pena di morte nel corso di processi irregolari contro almeno 28 persone accusate in relazione alle proteste in corso nel suo paese dalla metà di settembre.
Secondo fonti ufficiali sei persone sono state condannate a morte a novembre per “ostilità verso Dio” (moharebeh) e/o “corruzione sulla terra” (efsad-e fel arz). Le condanne sono appellabili presso la Corte suprema. Le autorità non hanno rivelato i nomi ma, secondo informazioni di pubblico dominio, Amnesty International crede che tra di loro vi siano Sahand Nourmohammad-Zadeh, Mahan Sedarat Madani, Manouchehr Mehman Navaz, giudicati separatamente dal tribunale rivoluzionario di Teheran, e Mohammad Boroughani e Mohammad Ghobadlou.
Mohammad Boroughani e Mohammad Ghobadlou sono stati processati da un tribunale speciale, incaricato di giudicare “reati commessi dai rivoltosi”, insieme ad altri quattro imputati; Abolfazl Mehri Hossein Hajilou, Mohsen Rezazadeh Gharagholou, Saman Seydi (Yasin) e Saeed Shirazi.
Altre 15 persone sono sotto processo per “ostilità verso Dio” presso un tribunale rivoluzionario di Karaj, nella provincia di Alborz. Fra loro ci sono una coppia di sposi, Farzaneh Ghare-Hasanlou e Hamid Ghare-Hasanlou, e tre ragazzi di 17 anni, Amin Mohammad (Mehdi) Shokrollahi, Amir Mohammad (Mehdi) Jafari e Arian Farzamnia. Gli altri imputati in questo caso sono Mohammad Mehdi Karami, Seyed Mohammad Hosseini, Reza Arya, Mehdi Mohammadi, Shayan Charani, Mohammad Amin Akhlaghi, Reza Shaker Zavardahi, Javad Zargaran, Behrad Ali Kenari e Ali Moazemi Goudarzi.
Le autorità giudiziarie hanno inoltre chiesto la pena di morte per Akbar Ghafari e Majidreza Rahnavard, sotto processo rispettivamente nelle province di Teheran e Razavi Khorasan; per Toomaj Salehi, un rapper dissidente accusato a causa della sua musica e di post sui social media; ed Ebrahim Rigi membro della minoranza baluci.
La esorto a annullare immediatamente tutte le condanne a morte, ad astenersi dal perseguire altre condanne a morte e ad assicurare che chiunque sia accusato di un reato penale sia giudicato secondo gli standard del giusto processo, senza il ricorso alla pena di morte, e che siano osservati i principi della giustizia minorile per gli imputati minorenni. La esorto a rilasciare tutti coloro che sono detenuti per avere esercitato i loro diritti alla libertà di espressione, associazione e protesta pacifica. La esorto inoltre a consentire ai detenuti l’accesso ad avvocati scelti da loro e alle famiglie, a proteggerli dalla tortura e dai maltrattamenti, a indagare su ogni denuncia di tortura e a portare chiunque ne sia responsabile di fronte alla giustizia. Infine, le chiedo di garantire a osservatori indipendenti delle ambasciate presenti in Iran di poter assistere ai processi relativi alle proteste.
Cordiali saluti

Nel video:

  • Ragazze afghane piangono e gridano “Ci hanno chiuso le scuole e il mondo è rimasto in silenzio. Hanno chiuso le nostre università, ancora silenzio. Cosa dovremmo fare, ucciderci?”
  • Protesta a seguito del divieto di accesso all’università per le donne
  • Studenti escono dagli istituti in segno di solidarietà (università di Kunduz, Kabul & a polytechnic)
  • Messaggi di resistenza da parte di due ragazze afghane