Non si potrà più accedere al Superbonus 110%, infatti è ormai scaduto il termine entro cui presentare al Comune la Cila per ottenerlo.
Visto il malcontento generale (che sfocerà in una grande manifestazione a Roma in Piazza Santi Apostoli il 6 dicembre) e la mancata cessione dei crediti che blocca una cifra pari a 100 miliardi di euro dentro i cassetti fiscali, il Governo si interroga su eventuali proroghe o nuove versioni con finanziamenti ridotti per i prossimi anni, intanto emergono nuovi dettagli sui fondi già erogati.
La natura e la distribuzione dei fondi del Superbonus hanno interessato un’inchiesta che andrà in onda nella prossima puntata di Report.

Chi ha accumulato più crediti

Abbiamo scoperto da un documento esclusivo non emerso fino ad oggi della “commissione banche” che le banche hanno utilizzato l’acquisto dei crediti come una sorta di ricapitalizzazione, perché si tratta di soldi certi che arrivano dallo Stato”, riferisce Sigfrido Ranucci, “c’è stata una corsa ad accaparrarne il più possibile, si tratta di crediti fiscali. Abbiamo scoperto che quella che più di tutti ne ha accumulati è Poste: parliamo del 33% dei bonus. Poi Banca Intesa con 7 miliardi e Banca Icrea con oltre tre. C’è da chiedersi, visto che sono emerse delle truffe, cosa accadrà ai bilanci di queste banche se poi si passerà dal sequestro alla confisca. Poste è un’impresa pubblica e ha una parte quotata in borsa, ma li ci sono anche i soldi dei pensionati italiani“.

“Tassi quasi da usura”

Siamo di fronte ad una vicenda molto articolata che si porta dietro anche un altro filone di discussione: “L’altra anomalia grande che abbiamo visto è che queste banche nell’acquisto di questi crediti hanno applicato dei tassi che vanno dall’8,5% al 13%. Tassi che potrebbero far gridare quasi all’usura. L’Abi, (Associazione bancaria italiana) dice che non c’è anomalia perché sono stati trattati come tassi dei mutui. Però l’anomalia è che mentre nel mutuo non è certo da parte della banca il riprendere i soldi, qui sono soldi certi, sono soldi dello Stato che quindi andavano trattati in altra maniera. Le banche nel momento in cui hanno acquistato crediti e riempito i propri cassetti fiscali non hanno più acquistato crediti, non hanno più erogato liquidità e quindi hanno lasciato il cerino in mano agli imprenditori edili che non potendo finire i lavori hanno lasciato fuori casa i proprietari degli immobili. Questa deformazione del sistema poteva essere concepita a monte nel momento in cui si è pensato alla cessione dei crediti nel superbonus“.

La gestione dei fondi del superbonus e la scelta della loro destinazione, coinvolge anche l’edilizia popolare, o meglio avrebbe potuto coinvolgerla. Sottolinea Ranucci che “poteva essere un’occasione anche per rendere più efficiente tutto l’apparato immobiliare italiano. Quello che ha un impatto più grande nell’emissione di gas inquinante. Nell’edilizia popolare c’è chi paga affitti bassi ma bollette molto alte. Siamo in grandissimo ritardo e sarebbe stato un modo anche per dare respiro alle famiglie meno abbienti“.