Non si placa il braccio di ferro tra governo e Ong per la questione soccorso in mare. Dopo le tensioni sotto il Governo Conte I, con Matteo Salvini ministro dell’Interno, la questione si è riproposta. Protagonisti, stavolta, il nuovo inquilino del Viminale, Matteo Piantedosi, e la nave SOS Humanity, battente bandiera tedesca. In mezzo, le vite dei migranti rimasti a bordo, che il governo ha definito “carico residuale“, in un braccio di ferro con le istituzioni europee e la Germania che non sembra trovare soluzione.

Tutta questa partita qui, andrebbe ricordato con maggior frequenza, è iniziata grazie al ministro Minniti, che non era certo né della Lega né di Fratelli d’Italia”, commenta Davide Vecchi, direttore del Tempo. “Quei primi accordi li aveva fatti il governo a guida Pd, del quale il ministro Minniti era esponente. Non è una cosa ideologica come ora si vuole far passare. È più una questione di buon senso, anche perché sono anni che l’Europa dice ‘Sì, ce ne facciamo carico., li distribuiamo tra tutti i Paesi europei’, e poi non succede nulla“.

Molto spesso, per spostarsi, i migranti si affidano all’illegalità. Nella maggior parte dei casi, questi non vogliono rimanere in Italia e raggiungono le loro destinazioni in base non a degli accordi, ma in clandestinità. “I dati di Bruxelles li hanno forniti loro tre giorni fa, e noi ci abbiamo aperto il Tempo, dicono che negli ultimi mesi in Italia sono arrivati 44.616 immigrati. Di questi solamente 112 sono andati in altri Paesi europei. Molto meno dell’1 per cento. Vanno accolti, ci mancherebbe altro, è una questione umanitaria, nessuno vuole lasciare le persone morire in mezzo al mare, però è un braccio di ferro non contro buonisti o con posizioni ideologiche, ma nei confronti della comunità europea, che continua a fregarsene altamente. Ciascuno fa per sé, poi però o vale per tutti i leader oppure se c’è una Unione europea deve essere, appunto, Unione, e condividere problematiche“.

L’avvocato che in Italia sta difendendo la Ong SOS Humanity, Riccardo Campochiaro, ha spiegato la situazione a bordo della nave e le strategie legali della Ong: “Noi vogliamo evitare il termine “forzare” il blocco, è un qualcosa che non ci compete. Cerchiamo una strategia legale in comunione con lo studio legale che segue la SOS Humanity, con Giulia Crescentini e l’avvocata Laura Cecchini. Stiamo cercando di far richiedere al Tribunale di Catania di ordinare lo sbarco. E’ stata fatta una selezione, peraltro abbastanza approssimativa, noi contestiamo sia il fatto che è stata fatta una selezione sia le modalità con cui è stata fatta, perché ci viene riportato che è stata fatta in maniera molto superficiale, senza la presenza di mediatori, senza la presenza di tecnici che potessero vedere effettivi stati di vulnerabilità. Chiediamo che così come sono stati garantiti i diritti di chi è stato considerato vulnerabile, vengano tutti considerati vulnerabili con una presunzione che ci sentiamo di dire assoluta. Si parla di persone che sono in barca da 15 giorni, salvate da un naufragio, sottratte alle violenze libiche, la loro posizione è chiaramente di vulnerabilità“.

Ci sono accordi con gli altri Paesi affinché nel momento in cui toccano il suolo europeo, che sia Italia o Spagna, poi vengano redistribuiti. Perché non vengono rispettati? Perché rivalersi sempre e solo sull’Italia? “Il dubbio sollevato è legittimo, però è una questione che si deve porre con le persone a terra. Io ho seguito personalmente il caso della Diciotti, con ministro dell’Interno Salvini: il problema era di far sbarcare le persone e poi, eventualmente, per i richiedenti asilo pensare a un ricollocamento nei paesi su base volontaria. Sappiamo è una politica che non è stata di successo da un punto di vista numerico, però ha garantito alle persone di sbarcare sul territorio italiano. I richiedenti asilo possono essere accolti nel nostro sistema d’accoglienza o possono essere ricollocati in altri Paesi europei. Oggi però la nostra premura, essendo saliti sulla nave e avendo visto le condizioni, è quella di garantire lo sbarco, quindi il diritto soggettivo ad accedere al nostro territorio. Poi, dopo seguiranno tutte le variazioni che che si devono giustamente fare. Ma è un’altra questione“.

Spazio anche per un commento sul futuro e sull’informativa legale divulgata tra i migranti a bordo: “Intanto abbiamo dato un’informativa legale ai migranti, che sono tuttora sulla nave, e tutti hanno deciso di aderire alla richiesta di protezione internazionale per motivi che poi avranno modo di riferire alla Questura, ma soprattutto alle commissioni competenti. Non dimentichiamoci che non è la Questura che deve valutare, non è la polizia che deve valutare se ci sono i requisiti per la protezione. La domanda si può fare, poi dopo saranno le commissioni territoriali che sono attrezzate a valutare se ci sono i requisiti. Le richieste di asilo già sono state inoltrate, tra stasera e domani depositeremo il ricorso al tribunale di Catania per consentire alle persone di essere sbarcate in Italia. Contestualmente, stiamo predisponendo il ricorso al Tar avverso il provvedimento e il decreto interministeriale chiedendone l’annullamento o quanto meno la sospensione. Se il comandante decidesse di dare seguito a quest’ordine, per così dire impartito, metterebbe a rischio tutti l’equipaggio. Il comandante della umanità non non riprenderà il mare. Questa è la posizione che che è stata presa dal comandante su nostro consiglio e con nostra condivisione e rispetto. La società civile catanese si sta muovendo per predisporre un esposto alla Procura affinché possa valutare eventuali reati. Ovviamente non parliamo di reati quali il favoreggiamento all’immigrazione clandestina. La procura catanese, come ha già dimostrato, è molto attenta“.