Si discute lungamente, con posizioni diverse, in questi giorni circa la notizia diffusa da una fonte considerata autorevole e non mendace come il New York Times: la notizia secondo cui alla base dell’assassinio vigliacco della figlia del filosofo Aleksandr Dugin, Darya Dugina, vi sarebbe nientepopodimeno che il Governo di Kiev. Ebbene sì, stando a quanto riferito dall’intelligence americana (sembra un ossimoro parlare di ‘intelligence americana’, ma non lo è) vi sarebbe, come base dell’assassinio di Darya Dugina, la voluntas di Kiev. In sostanza, gli Stati Uniti d’Americana hanno fatto sapere per il tramite della loro intelligence e del New York Times che non vi è alcuna responsabilità da parte di Washington in quell’orrendo assassinio verificatosi nell’agosto scorso. Curioso, in effetti, il tempismo con cui questa notizia viene diffusa, proprio quando sembra che davvero siamo sull’orlo del precipizio della guerra nucleare.

Una cosa, comunque, è degna di essere sottolineata, al di là di ogni altro tema, ed è il fatto che il guitto Zelensky sembra davvero l’antitesi di ogni possibile tentativo diplomatico di negoziazione e magari anche di ottenimento della pace. E ciò è tanto più curioso se si considera il fatto che l’ordine del discorso, politicamente e geopoliticamente corretto, continua a invitare la Russia di Vladimir Putin come nemica della pace e del dialogo. Quando noi abbiamo già da tempo appreso che l’Ucraina del guitto Zelensky, che in ogni maniera si oppone a ogni tentativo di pace e di più, sembra essere recalcitrante rispetto all’idea stessa di un tavolo in cui discutere pacatamente invece che utilizzare la forza delle armi.

A questo riguardo, è dei giorni scorsi la notizia secondo cui – leggo su Il Riformista‘Vietato negoziare con Putin. Zelensky firma il decreto che azzera per ora le possibilità di pace con la Russia’. Come se ciò non bastasse, il guitto Zelensky – così leggo su Rai News – parla testualmente diraid preventivi, in modo che sappiano cosa accadrà se usano l’atomica, e non il contrario, aspettare che sia la Russia a colpire’. Così ha detto il leader di Kiev, cioè il guitto Zelensky, attore ‘Nato’ (con la ‘n’ maiuscola), prodotto in vitro a Washington, anzi, a Hollywood.

Questo mi permette di toccare il secondo dei punti che volevo affrontare, e cioè il fatto che fino a qualche ora addietro il guitto Zelensky, attore ‘Nato’ (con la ‘n’ maiuscola’) figurava come uno dei possibili papabili per il Premio Nobel per la pace, insieme a Greta Thunberg, la piccola scandinava fautrice dell’ambientalismo capitalistico. Sì, proprio lui, come del resto non ci stupiremmo più di nulla, anche Obama fu premiato con il Nobel per la pace, il bombardatore umanitario e l’esportatore missilistico di democrazia in mezzo mondo.

Per inciso, non ho udito per ora – potrei sbagliarmi – le grida delle femministe, sempre pronte a tuonare contro il maschilismo in difesa delle donne e dei loro diritti; non un grido si è levato, non un’agitazione si è prodotta – che io sappia almeno – in difesa di Darya Dugina, né quando fu barbaramente assassinata nell’agosto scorso, né ora che emerge che alla base del suo omicidio vi è addirittura un Governo con il quale l’Europa e l’Italia sono in solidali rapporti sotto il segno dell’imperialismo washingtoniano. Non abbiamo visto urla in difesa di Darya Dugina, non abbiamo visto ciocche di capelli recisi in favore di Darya Dugina, secondo l’uso oggi in auge. Insomma, silenzio tombale, che rivela come il femminismo proceda anch’esso ad apertura alare alternata, sempre di fatto allineandosi con il verbo unico cosmopolita e atlantista.

E poi un’altra notizia, che si incastra perfettamente con quelle che abbiamo testé discusso: proprio nelle ore scorse l’Unione Europea ha varato delle sanzioni contro il filosofo Dugin. Sì, sanzioni contro un filosofo. Questa è una novitas, non mi risulta che in passato siano mai state fatte sanzioni contro un filosofo. Certo, l’Occidente aveva avvelenato i filosofi, come Socrate, li aveva bruciati vivi, come Giordano Bruno, li aveva incarcerati, come Gramsci. Ma questa è la prima volta in cui – per quel che ne sappiamo – i filosofi sono sanzionati. Miseria dell’Unione Europea, verrebbe da dire, che sta negando l’idea stessa di Europea e sta producendo più palesemente una tecnocrazia repressiva in cui, pensate, perfino i filosofi, le voci libere, sono sanzionati.

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