Il passato di giornalista di inchiesta del Senatore Gianluigi Paragone è famoso, diverse sono state le trasmissioni da lui condotte che hanno svelato i dietro le quinte della politica italiana e internazionale. Durante una di queste è riuscito a far ‘perdere la calma’ persino al Premier Draghi: si parlava degli asset che derivano il loro valore da quello ricavato da altri prodotti finanziari.

Parliamo del servizio, datato 2014, dove si vede Mario Draghi mettere da parte il suo consueto aplomb e perdere la pazienza all’uscita dell’Eurogruppo incalzato dal giornalista Filippo Barone inviato de “La Gabbia”. Motivo del dibattere sono state le insistenti domande del giornalista sul tema dei derivati del Tesoro all’epoca in cui Draghi ne era il Direttore Generale.

Gianluigi Paragone se lo ricorda bene quell’evento, era lui il conduttore della trasmissione andata in onda su La7: “La Gabbia è l’unica trasmissione che ha inchiodato Draghi sui derivati e lo ha fatto talmente arrabbiare che lui andò dal mio giornalista puntando il dito e dicendo ‘lei deve studiare’. Dopo questa cosa lo staff di Draghi capì l’errore macroscopico che fece lo stesso. Lui non ha mai risposto ai giornalisti quando era alla BCE. Il suo addetto stampa quindi gli dice ‘ma cosa hai fatto Presidente, telefoniamo per bloccare il servizio’ e prima telefonata arriva al sottoscritto con la preghiera di non mandare in onda il servizio. Poi chiamano persino Cairo. Ancora una volta però Cairo si dimostrò persona libera e mandò in onda il servizio”.

Paragone ricorda inoltre come nella sua carriera abbiamo sempre scelto la propria libertà e indipendenza, sacrificando anche posizioni di spicco (vicedirettore di Rai2, conduttore di diverse trasmissioni): “Noi abbiamo le cicatrici sulla schiena. Noi il potere vero (Draghi che minacciava, il Palazzo che minacciava) lo abbiamo visto. So cosa vuol dire difendere la tua idea di indipendenza e di libertà. Io non so quanti altri possano dire ‘ha chiamato il grande banchiere, devi bloccare quel servizio’ e tu metti le tue dimissioni sul tavolo. Questa è sempre stata la mia vita, al movimento lo dissi chiaramente ‘se voi cambierete strada, io me ne andrò perché nella mia vita ho sempre fatto questo’. Ci sono persone che riconoscono la mia storia, sanno che io per la loro libertà ho fatto e farei quello che ho fatto per la libertà dei miei giornalisti, che non ho mai tradito. Ho difeso il loro lavoro al punto da dimettermi, da lasciare tutto”.

L’intervento in diretta ai nostri microfoni del Senatore Gianluigi Paragone, assieme a Fabio Duranti.

L’esperienza Rai

“In Rai non si accettava che si potesse mettere in discussione il credo apostolico montiano. Ieri era Monti oggi è Draghi. Quindi mi chiesero di evitare di fare determinati servizi, di mandare in onda determinate persone e io invece ignoravo i suggerimenti. Gli mandavo le scalette false: più loro cercavano di mettermi le briglie più io gliele mandavo false, poi si ritrovavano in onda con i personaggi che non volevano. Alla fine me ne sono andato – penso di essere una delle poche persone che ha lasciato un contratto a tempo indeterminato da dirigente Rai – perché la mia libertà era più forte di un contratto.

Non ho mai negato che quel contratto fosse un accordo politico, in un certo senso, perché tutti i direttori e i vice-direttori sono nominati per accordo politico. Poi, quando rompi con la politica e vuoi fare l’anti-politico la tua coerenza ti impone di strappare quel contratto e dire ‘il saldo è a zero, io con voi non ho più debiti’. Quindi prendo e me ne vado.

Il caso Gruber

A La7 Cairo mi aveva lasciato la più grande libertà e anche lì addirittura io criticai la Gruber da dentro una trasmissione, vi dico di più: quando andammo al Bilderberg (lei era presente) attaccammo personalmente in trasmissione la Gruber dicendo che ‘un giornalista non può andare in un luogo che celebra e fa accordi a porte chiuse, se sei un giornalista hai l’obbligo di raccontare quello che accade’.

Quando si sono rotti i rapporti, quando il mondo bancario ha fatto pressioni incredibili, a quel punto Urbano Cairo ha cambiato direttore e io ero difeso sia da Cairo sia dall’altro direttore. Quando poi le banche continuano a chiedere di non mandare in onda i servizi, i tanti che facevamo sulle malefatte sul mondo bancario. A quel punto anche per Cairo è diventato insostenibile, quindi quando arrivò il nuovo direttore Salerno, ovviamente la prima cosa che fece ‘paragone va chiuso’. La stessa cosa su Radio105, fintanto che era di Alberto Hazan facevo quello che volevo, quando fu comprata da Berlusconi una delle trasmissioni che doveva essere silenziata era ‘Benvenuti nella Giungla'”.