Una bolletta energetica da un milione di euro, quasi dieci volte di più di quanto pagato l’anno prima: è capitato a un imprenditore titolare di un’impresa conserviera di Buccino (Salerno), la Fiammante. Questo è solo l’ultimo degli innumerevoli appelli di piccoli imprenditori che si trovano schiacciati dai costi dell’energia (si ricordi il ristoratore di Cremona che ha allegato la bolletta al conto) e non sanno più come fare. Chi si è visto arrivare bollette così salate, la maggior parte delle volte non ha aumentato i prezzi, ma prima o poi si troverà costretto a farlo.

Bollette: a che punto siamo?

Tutte le aziende da sempre risparmiano: utilizzano solo quello che serve. Questo vuol dire che si troveranno sempre di più in una situazione di insostenibilità, non riusciranno più a produrre il loro beni con criteri di competitività. Questo costo aggiuntivo si trasferirà su quello finale”. A lanciare l’appello è l’Onorevole Antonio Maria Rinaldi, Europarlamentare della Lega, che tenta di fornire delucidazioni a riguardo: “Se a fronte di questo aumento i consumi sono diminuiti del 3-4%, vuol dire che più di tanto non si riesce a risparmiare. La ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) ha lanciato un appello: in autunno ci saranno aumenti ancora superiori. Questo avverrà perché dal 1 ottobre di quest’anno entrerà in regime il diverso sistema del ‘mercato di salvaguardia’. Secondo questo sistema, se un cliente è insolvente (non paga la bolletta), questa si ‘spalma’ sugli altri. Quindi è a tutela non del consumatore finale ma del produttore. È un grosso problema.

Quanto pesa la guerra sulla situazione?

Sulla situazione pesa la crisi in Ucraina, ma “si sono innescati diversi meccanismi, a cominciare dal calcolo del prezzo internazionale del gas che viene fatto alla borsa del gas di Amsterdam, che va profondamente rivisto perché sicuramente non contribuisce a calmierare i prezzi. È vero che con la crisi in Ucraina il prezzo è aumentato, ma non è solo colpa di questa. Le colpe sono distribuite su vari fronti e quello che duole è che noi in Italia non abbiamo mai avuto una politica industriale tesa a diversificare le fonti di approvvigionamento“.

La soluzione?

Secondo Rinaldi, “bisogna rivedere il mercato internazionale del prezzo del gas: questo già darebbe un segnale ben preciso. Poi bisogna riattivare la produzione italiana di gas, noi abbiamo 752 pozzi inattivi. Pozzi che funzionavano e sono stati chiusi, quindi potrebbero riprendere a funzionare in poco tempo. Vorrei ricordare che molti pozzi sono nel Mare Adriatico, i nostri sono chiusi, ma dall’altre parte, in Croazia, sfruttano gli stessi pozzi e lo vendono anche a noi. Cose assurde”.

Fonti alternative: quanto servono?

La domanda sorge spontanea: si potrebbero sfruttare le forme alternative di produzione di energia come i pannelli fotovoltaici? “In Italia ci sono – dal fotovoltaico sul tetto di casa alle pale eoliche – un milione di fonti alternative di produzione energetica. Tutta la produzione annuale di energia di questi apparati è la metà di quella che produce una qualsiasi centrale nucleare. Per poter fare una centrale nucleare di ultima generazione (gli ingegneri italiani sono i più bravi del mondo) ci vorrebbero 7 anni, ma se mai si comincia mai si finisce”.

“Alla fine, in tutta questa situazione, paga l’utente finale cioè il cittadino. E il cittadino, con questo tipo di inflazione, dove li trova i soldi? Bisogna ridare il potere di acquisto ai salari, se non si farà questo saranno veramente dolori, anche dal punto di vista della tenuta sociale”.