Adesso si parla a ‘tambur battente’ di variante BA.5, variante del Coronavirus ovviamente. Nuova variante che affiora come uno spettro a turbare i nostri sonni e soprattutto ad alludere già a quello che verosimilmente potrà essere un autunno caldo, anzi caldissimo. La variante BA.5 sta colpendo soprattutto il Portogallo ci dicono e lo sta colpendo con un’ondata di contagi davvero preoccupante secondo gli esperti. Ma potrebbe rapidamente trasferirsi anche nel nostro bel paese.

Da questi ormai due anni di emergenza pandemica permanente, abbiamo appreso molto. Abbiamo fatto tesoro delle nostre ferite e del nostro dolore. Almeno quanti tra noi abbiano conservato la sovranità sulla propria testa e abbiano scelto la facoltà di pensare rispetto al gesto dello struzzo che, notoriamente, nasconde la testa sotto la sabbia. Abbiamo appreso, ad esempio, che del Coronavirus ogni variante è per definizione la penultima. Abbiamo ancora appreso che ogni variante del Coronavirus è sempre, immancabilmente più contagiosa della precedente ma soprattutto abbiamo imparato, in questi due anni e mezzo, che l’emergenza infinita rappresenta il fondamento della nuova normalità neoliberale.

L’emergenza infinita figura infatti come un preciso metodo di Governo. Il potere utilizza questo metodo di Governo per amministrare in forma totale e totalitaria, dispotica e distopica, le cose e le persone. Con l’emergenza infatti ciò che nella normalità era inaccettabile diviene improvvisamente inevitabile e, come inevitabile (quindi non giusto o buono ma semplicemente inevitabile) viene accettato tutto con resilienza, con ebete euforia. Con resa colma di gratitudine. Non ci stanno infatti limitando le libertà e i diritti, come potrebbe a tutta prima apparire (in una condizione di normalità sarebbe la certezza), niente affatto. Stanno prodigandosi per tutelare la nostra salute e proteggere la nostra vita, per farlo è necessario limitare i diritti e le libertà in nome di un’emergenza infinita cosicché la nostra attenzione in questi due anni era dirottata rispetto a ciò che ci toglievano verso ciò che ci garantivano. Non ci stavano togliendo la libertà, no, ci stavano semplicemente garantendo la sicurezza nel quadro dell’emergenza. Certo, senza l’emergenza togliere le libertà in quel modo sarebbe stato un gesto dispotico e totalitario ma, poiché vi era l’emergenza, diventava anzi il benefico gesto di un potere che si prendeva cura di noi. Questo è il fondamento ultimo del paradigma securitario dell’ordine neoliberale, che usa la sicurezza messa a repentaglio come alibi per ridurre le libertà e i diritti.

L’abbiamo appreso e ne abbiamo fatto tesoro, dovremo a questo punto avere gli anticorpi, essere immuni per rimanere al lessico medico scientifico e invece ogni volta con nuove emergenze e nuove varianti tutto il dispositivo si ripresenta tale e quale e i più lo accettano con stolta letizia, ritenendo davvero che le libertà e i diritti siano sacrificabili in nome della salute ma noi sappiamo che nulla vale a giustificare la riduzione delle libertà e dei diritti. Essi sono per definizione indisponibili e non vi è virus che possa giustificare una compressione delle libertà e dei diritti anche perché (pensateci bene) se passasse il messaggio come in parte è passato, secondo cui un’emergenza può giustificare la limitazione dei diritti e delle libertà, chi ci vieterebbe di pensare che il potere non usi ad hoc l’emergenza, proprio in ragione di questo? Proprio per limitare le libertà e i diritti. Detto altrimenti: chi ci vieterebbe di pensare che l’emergenza e la sua cura siano semplicemente poi un mezzo in vista di un altro fine che è quello della rimodulazione della fine dei diritti? Questo è il punto fondamentale sul quale bisogna sempre e di nuovo richiamare l’attenzione.

Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro