Ieri il Senato ha dato il via libera al ddl concorrenza con 180 voti favorevoli, 26 contrari e un astenuto. Il provvedimento necessario da portare a compimento in vista dei soldi da incassare dall’Europa per il Piano nazionale di ripresa e resilienza passa ora all’esame della Camera. Tra i pareri in disaccordo con la maggioranza di Governo anche quello del senatore Mattia Crucioli, intervenuto in sede di dichiarazioni di voto.

“Signor Presidente, quello che abbiamo discusso oggi è uno dei provvedimenti peggiori di questa legislatura. È una mina nel futuro dei nostri figli. Eppure, ho sentito una narrazione in quest’Aula letteralmente indegna, in particolare quella del collega Monti, che sostanzialmente ha detto che stiamo facendo un provvedimento utile agli italiani e per di più attraverso il pagamento, come se l’Europa ci pagasse per fare qualcosa di utile. Invece a me questo provvedimento ricorda – anche per le modalità con cui è stato approvato – le perline dei conquistadores verso gli indios, perché ci sventolano davanti il PNRR e ci dicono che se faremo queste riforme ci daranno il contentino.

Anche le modalità con cui questo provvedimento è stato approvato gridano vendetta: in particolare, grida vendetta la lettera minatoria che il Presidente del Consiglio ha presentato alla Presidenza di questo Senato. In questa lettera – come sapete – è stato minacciato che qualora il Senato non avesse approvato questo provvedimento entro la fine di maggio, ci si sarebbe assunti la responsabilità del mancato obiettivo, appunto, della perlina del PNRR che l’Europa ci sventola sotto il naso.

Che cosa contiene questo provvedimento? Contiene l’assalto finale a tutto ciò che c’è di pubblico, ai servizi e ai beni pubblici. Ciò viene fatto perché il Governo è perfettamente consapevole del momento di estrema debolezza che ha la politica e il Parlamento e anche di estrema debolezza economica. Sa che siamo di fronte al baratro e che questo è il momento dell’attacco, dell’assalto e della svendita finale dei nostri beni.

Che cosa c’è quindi in questo provvedimento? C’è tutto ciò che non ci doveva essere: c’è l’attacco ai servizi pubblici locali mediante una delega al Governo per il riordino dell’intera materia; c’è il superamento del regime di esclusiva, nella lettera d); oppure, ancora, la necessità delle motivazioni anticipate e qualificate in caso di autoproduzione e mancato ricorso al mercato da parte dei Comuni. Sostanzialmente, se i Comuni vorranno continuare a fare i servizi pubblici in mano propria, quindi direttamente o attraverso le partecipate con le società in house, dovranno dare una motivazione anticipata e qualificata, sottoposta poi al controllo. Un vero e proprio percorso ad ostacoli: questo lo dice la lettera g). La lettera i) rincara la dose, stabilendo la necessità della verifica periodica. Se anche oggi i Comuni dovessero dire che mantengono in mano pubblica la gestione del servizio pubblico e non ricorrono al mercato, domani dovranno riverificare se questo vale ancora, perché il concetto è chiarissimo: il concetto è privatizzare, mettere a gara e far entrare i privati là dove erano le società pubbliche a gestire i servizi pubblici. La lettera m) estende esplicitamente al trasporto pubblico locale questi principi; la lettera n) prevede la revisione esplicita della disciplina del settore dei rifiuti e del servizio idrico per armonizzarla a questi principi di concorrenza. Nessun settore del servizio pubblico locale è escluso.

Poi, c’è la chicca, la lettera v), ossia la disciplina transitoria: qualora i Comuni non si uniformino, allora scatterà il potere sostitutivo, cioè il Governo si sostituirà direttamente agli organi degli enti pubblici per far ciò che loro in teoria potrebbero ancora non fare, cioè gara, ricorso al mercato e niente più pubblico. Tutto ciò che oggi è pubblico domani verrà messo a gara e tutto ciò che oggi noi paghiamo poco domani pagheremo molto di più. È veramente bizzarra la tesi che ho sentito qua dell’ex presidente Monti, che parla evidentemente per voce dei mercati e dei poteri europei, secondo cui noi facciamo qualcosa di interesse nei nostri cittadini e addirittura pagati: esattamente il contrario, il mondo alla rovescia.

Questo avviene anche nella privatizzazione della sanità. L’articolo 13 prevede che gli accreditamenti delle strutture sanitarie devono essere più sbrigativi, più veloci, con meno controlli.

Si sostituisce il parametro oggettivo del costo delle prestazioni con quello discrezionale della qualità, aprendo alla nuova stagione delle lievitazioni dei costi per le prestazioni sanitarie.

Che cosa avviene in materia di concessioni demaniali marittime, di cui all’articolo 4? La stessa cosa. Si agisce su due principi. Il primo: non si dà un indirizzo chiaro nella delega, prevedendo che devono esserci un certo numero di spiagge pubbliche. Non c’è un criterio specifico di delega. Si parla semplicemente di un adeguato equilibrio e veda un po’ il Governo qual è questo adeguato equilibrio. Al contrario, si sarebbe dovuto pretendere una quantità specifica, quantomeno la metà di spiagge pubbliche: invece no.

Ancora, si prevede che ci siano dei varchi per arrivare alle spiagge pubbliche, senza menzionare il passaggio attraverso le concessioni. Perché ci sono certi posti, come in Liguria, in cui se le concessioni non ti lasciano entrare, i varchi non ce li hai e allora non puoi accedere al mare. E poi si parla soltanto di varchi per accedere al mare, ma non per la sosta sulla spiaggia. Ma come si fa a farsi un bagno se non si può poggiare sulla battigia il proprio zainetto e il proprio asciugamano?

Quindi, anche qui vi è una delega in bianco, perché si privatizzi ancora di più. Poi, il colpo che si dà, lo si dà anche ai concessionari locali, perché lo sguardo è alle multinazionali estere. Basti vedere come la lettera l), che pur dice di mirare alla massima partecipazione, non mette un limite al numero delle concessioni ottenibili. Bastava dire: vogliamo tutelare i piccoli? Allora chi prende la concessione balneare deve prendere una e non più di una. Bastava dire questo. Invece, non c’è un limite. Così come alla lettera g) si prevede l’introduzione di una disciplina specifica per consentire subconcessioni, affidamenti delle attività secondarie e subingresso. Come a dire che, tra amici, si possono prendere in concessione un numero enorme di spiagge di concessioni e poi subconcederli.

Questa è la tipica rendita di posizione, con la creazione di meri intermediari: non più la gestione diretta della spiaggia da parte dei piccoli concessionari locali, ma le grosse catene che fanno incetta si concessioni e poi fanno gestire ad altri.

Lo stesso concetto per quanto riguarda le concessioni portuali. All’articolo 5 non vi è una specifica del limite. Anzi, c’è una specifica deroga al divieto di cumulo delle concessioni portuali. Addirittura, per i porti più piccoli, si può avere più di una concessione se si hanno attività differenti. Invece, nei porti di rilevanza economica nazionali e internazionali, non c’è nessun limite. Questo lo dice il comma 9.

È altresì prevista, esattamente come per le spiagge, la possibilità di concessione, cioè di affidare ad altre imprese portuali l’esercizio di attività comprese nel ciclo operativo. Di nuovo, arriva il big, arriva la multinazionale, prende la concessione e la subconcede senza dover mettere qualcosa di proprio. Sostanzialmente, fa una intermediazione per una rendita di posizione.

Di fronte a tutto questo, è vergognoso che partiti di centrodestra e di centrosinistra, indistintamente, anche se poi a livello locale, nei Comuni, dicono di essere contrapposti e parlano di servizi pubblici, invece qui vuotano tutti compatti a favore di questo provvedimento vergognoso, che scassa i principi stessi, il principio del pubblico che fino ad oggi conoscevamo.

Ve lo dico togliendomi questa museruola, che ha veramente stufato. Questo provvedimento fa schifo e noi voteremo contro”.