L’evoluzione storica dell’economia italiana nell’arco di 50 anni. Mezzo secolo in cui il tessuto produttivo e sociale del nostro paese ha subito mutamenti di ampio respiro. Nell’ultimo intervento ai microfoni di Un Giorno Speciale, con Francesco Vergovich e Fabio Duranti, il Professor Valerio Malvezzi ha illustrati tre temi rilevanti con l’ausilio di alcuni grafici illustrativi. In primo luogo gli occhi delle attenzioni si concentrano sui dati OCSE relativi alla produzione industriale nello stivale nel periodo che va dal 1970 fino al 2020.
La voce della produzione industriale porta dritti al discorso dedicato ai prestiti erogati dagli istituti di credito alle aziende e, in modo particolare, alle società a conduzione familiare. Gli atti posti in essere in successione dai governi Monti, Conte e Draghi, tanto decantati dal mainstream informativo, nella realtà hanno provocato una secca chiusura dei rubinetti delle banche nel nome della tutela di un sistema finanziario sempre più alla canna del gas.
La chiusura dell’intervento è incentrata invece sulla piaga della pressione fiscale ai danni delle imprese stesse. Paradossalmente i dati mostrano un livello generale di imposte in linea o inferiori alla media delle altre nazioni. Ciononostante esiste una voce che più di ogni altra oltrepassa i limiti. Stiamo parlando delle imposte su lavoratori e contributi sociali. Un autentico cappio al collo nei bilanci societari.
I grafici del Professor Valerio Malvezzi
I dati OCSE sull’andamento della produzione industriale
“Nel primo grafico ci chiediamo se in effetti l’Italia sia o meno in una fase di ripresa economica. L’analisi viene fatta sui dati OCSE ed è eseguita su una dinamica temporale che va dal 1970 al 2020. Quando osserviamo 50 anni guardiamo la dinamica che è anche la storia di un paese. I ricercatori fanno vedere l’andamento della produzione industriale italiana in tale periodo. Indubbiamente noi osserviamo due mondi. Da un lato abbiamo il mondo che va dal 1970 al 2000, dall’altro il mondo che va dal 2000 al 2010 e quello che dal 2010 va al 2020. Dal ’70 al 2000, durante l’epoca della Lira, la produzione industriale italiana va su. Poi nel 2000 si blocca e fino al 2006 sostanzialmente la retta che cresceva prima diventa parallela. Successivamente c’è il crollo dal quale non ci risolleviamo più. Questo perché c’è il problema della crisi non finanziaria ma economica e morale. Per tale motivo io da qualche anno parlo di economia umanistica“.
Dal 2011 il crollo verticale dei prestiti bancari alle imprese familiari
“Il grafico numero 2 riguarda i prestiti bancari alle famiglie produttrici. In questo caso abbiamo tre statisti che fanno quattro atti da statista. In sostanza i prestiti bancari nel nostro paese vanno al family business. La ragione è che la maggior parte delle imprese italiane non sono solo piccole e medie, ma sono caratterizzate in larga parte da compagini familiari. Quindi le banche hanno dato sempre finanza a imprese a conduzione familiare. Questo è il nostro tessuto. Osserviamo nello specifico il periodo dal 2005 al 2022 e ci accorgiamo dell’andamento dei prestiti bancari. Ci sono quattro momenti topici. Il primo momento è stato definito ‘Monti salva il paese’. Quando il Sole 24Ore titolava ‘Salviamo il paese’ invocando l’arrivo del Professor Monti eravamo a cavallo del 2011. Esattamente in quell’istante si blocca l’erogazione dei prestiti bancari alle aziende italiane. Il grafico parla precisamente di famiglie produttrici. Nel nostro paese fu fatta un’operazione di natura finanziaria con la sostituzione di un Governo con un altro a tinte finanziarie, e si materializzò il fenomeno della restrizione creditizia. Per circa un decennio la Banca d’Italia, le camere di commercio, le unioni industriali ecc. hanno detto che non era proprio così. La verità è che questi dati sono dati della Banca d’Italia. Qui vediamo che il crollo del credito alle imprese italiane dal 2011 è continuo e sistematico. Dall’avvento del Governo Conte poi si nota un baratro, proprio nel periodo in cui dovevamo sostenere le famiglie italiane produttrici. Il momento del cosiddetto ‘Atto d’amore’ è quello del baratro più assoluto nel quale si scende a livelli miserevoli di credito bancario. Dopo c’è l’enfasi del Governo Draghi con una piccola fiammata verso l’alto, ma quel balzo dell’erogazione di credito è stato a mio parere un rifinanziamento del sistema bancario atto a pulire i bilanci delle banche stesse attraverso l’uso di strumenti finanziari pubblici, come ad esempio il medio credito centrale. In pratica non è stata finanziata la crescita perché non ci sono stati investimenti, ma nella maggioranza ci si è concentrati sul rifinanziamento di debito di aziende italiane con lo scopo di tutelare il sistema bancario“.
La piaga delle imposte sul lavoro nei bilanci societari
“L’ultimo grafico spiega la parte relativa alla componente fiscale. I dati della banca mondiale fanno vedere il livello di pressione fiscale e contributiva reale sui redditi delle imprese nell’anno 2020. La realtà è che la pressione reale, nel confronto con altri paesi, va dal 25% al 60%. Ad esempio si vede che il Canada ha la pressione fiscale più bassa, mentre il Regno Unito è intorno al 30%, gli Stati Uniti si aggirano sul 38%, 40% per la Russia, il Giappone supera il 40% come la Spagna. L’Italia arriva purtroppo quasi al 60%. L’importante però è capire il perché di questa dinamica. Le imprese pagano le imposte sui profitti ed altre imposte che nel nostro paese sono in linea o addirittura inferiori ai livelli esteri. In Italia però le imprese devono sopportare un macigno relativo alle imposte sui lavoratori e sui contributi sociali. Questa è la parte che pesa tantissimo sui bilanci delle nostre imprese“.