Bisogna nettamente distinguere tra economia dell’anima o economia umanistica ed economia capitalistica. Sono due modelli completamente diversi. Sull’inizio del secolo scorso si è cominciato a pensare che il cittadino consumatore non debba riflettere ma comperare d’impulso.

Da tale teoria muove il consumismo che ancora oggi costituisce una delle basi del marketing e dei meccanismi di vendita. Si tratta di capire il bisogno del consumatore e non di rado crearlo artificiosamente. In tale termini si crea un bisogno indotto, attraverso una serie di messaggi subliminali di cui quello pubblicitario è solo l’ultimo, quello più evidente e percepito.

Da qualche mese ho aperto un gruppo Telegram dove parlo solo di economia umanistica. Le persone si sono incattivite e intristite. Le persone sono diventate faziose, divisi tra guelfi e ghibellini. Avendo ragione ti senti felice? No, non sarebbero ancora felici perché devono dimostrare agli altri di avere ragione, di trascinare gli altri dalla propria parte. L’anima invece chiede altre cose. L’economia umanistica permette di capire che i bisogni indotti dal marketing servono all’economia del capitalismo che ci dice: devi studiare, devi trovare un lavoro, fare un mutuo, andare in pensione e crepare felice in una bara.

Questo disegno che ci è stato inculcato non credo renda le persone felici. Ho notato che molte persone cominciano ad aprire gli occhi e che esiste un altro tipo di economia possibile che non salva il paese ma che salva la singola persona compiendo un percorso iniziatico.

Malvezzi​ Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi