La scienza come metodo sperimentale o come verità? Lo sviluppo sperimentale del vaccino e la pandemia Covid-19 hanno sollevato il dibattito sul ruolo della scienza nella società contemporanea. L’applicazione del metodo scientifico, alla base dell’empirismo moderno, ha la sua origine nel meccanismo di superamento dell’errore e dunque nel rifiuto, attraverso il meccanismo della sperimentazione, di ogni forma di dogmatismo. La necessità di far fronte all’emergenza pandemica sembra aver accantonato la possibilità di ogni potenziale dubbio in favore di una sicurezza scientifica paradossale nei suoi stessi termini oggettivi.

Il pericolo che si profila nella società tecnica contemporanea è quella dell’imposizione di un’unica verità. Assioma indiscutibile necessario ad offrire soluzioni immediate e ambiguamente dogmatiche. Un’unica risposta in grado di ridurre il dibattito in nome della necessità di una soluzione veloce, economicamente efficiente e per tale ragione pericolosamente soggetta ad un monopolismo del potere, in questo caso la forza economica di Big Pharma. Una sola verità, un solo soggetto in grado di imporla senza possibilità di discussione, il dogma che diventa assurdamente scienza nelle mani delle case farmaceutiche.

Alessandro Meluzzi e Fabio Duranti discutono sul rischio di una scienza al servizio delle case farmaceutiche a “Un giorno speciale”.

“La scienza è un metodo ipotetico deduttivo sperimentale. Si può percorrere secondo un modello empirico dal modello particolare al generale oppure da un teoria generale attraverso una verifica sul particolare. In questa direzione bidimensionale c’è posto per tutto tranne che per il dogmatismo, del concetto di ipse dixit. La scienza tutto può sopportare tranne che il dogmatismo. Perché siamo in questo tempo oggi di dogmatismo? Il monopolio della scienza oggi, in una società capitalistico-mercantilista, è passato interamente a chi con la scienza applicata, che diventa tecnologia, guadagna del denaro. In campo medico la scienza è dominata dalle case farmaceutiche che producono dei farmaci e li vendono.

Questo meccanismo in cui non c’è più una scienza sperimentale che venga pagata dalla collettività ma è pagata soltanto dai mercanti delle molecole, trasferisce il potere del controllo dalla libera ricerca a chi vende il prodotto. Alla fine non abbiamo più degli scienziati ma dei propagandisti delle case farmaceutiche. Quando viene fatta una scoperta da parte di Big Pharma non è che quella scoperta entra immediatamente sul mercato, ma solo quando gli esperti del marketing decidono che sia arrivato il momento di venderla finché non si è venduto l’ultimo prodotto invecchiato ma di cui il brevetto non è ancora scaduto. Il 90% di quelli che vedete in televisione sono a libro paga di queste grandi aziende. Adesso però si è veramente passata ogni misura. Siamo arrivati al punto in cui soltanto le case farmaceutiche decidono cosa è scienza e cosa non lo è. Questo è intollerabile”.