Le teorie che oggi ci vengono presentate come nuove e innovative sono in realtà riproposizioni dell’economia neoclassica, sviluppata nel corso del XIX. Già alla fine dell’800′ tuttavia i modelli economici pensati da economisti prevalentemente anglosassoni legati alla visione dell’impero allora dominante il pianeta, cioè l’impero inglese, mostravano una serie di limiti. Il primo era il fatto che non erano più adatti a parlare alle due classi che si erano affacciate alla ribalta della storia dopo la rivoluzione industriale e il processo scientifico. Ci si riferisce alla classe proletaria e alla borghesia.

Quando ascoltate i telegiornali, i politici, quelli che vi dicono dobbiamo tagliare le pensioni, dobbiamo tagliare la spesa pubblica, abbiamo vissuto al di sopra delle proprie possibilità, menomale che c’è l’Europa che ci regala i soldi, in realtà venite indottrinati da un pensiero che vi fanno passare come moderno ma in realtà è un pensiero vecchio. La gente non lo sa e non ha gli elementi per capirlo. È il pensiero tipico di un mondo imperialista, di una classe dominante, infatti era il tipo di economia che viveva nell’impero inglese. Oggi è l’impero europeo, è il regno unito europeo. Non a caso il vero ideatore di questo pensiero, l’Inghilterra, non ha voluto essere scalzata da un nuovo imperialismo. Il problema era quello di non riuscire a parlare alla classe proletaria ed operaia, perché quel tipo di economia, che si chiama economia capitalistica, cura l’interesse di chi ha il capitale. L’economia umanistica vuole invece curare gli interessi di tutti l’umanità, indipendentemente dal fatto che sia una umanità fatta dal capitalista, dal borghese o dal proletario.

Malvezzi​ Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi