Non sappiamo né sapremo mai sé questa espressione gli sarebbe stata gradita, ma parlando di Libero De Rienzo possiamo dire che questo è l’unico suo “ciak” che non ci è piaciuto.

Il resto, fino a ieri, l’avevamo sempre apprezzato, sia per quanto riguarda le performance nell’interpretazione che i contenuti, dal punto di vista sociale e sociologico, delle pellicole e dei personaggi ai quali ha dato volto, spessore e umori. Libero De Rienzo ha interpretato una generazione intera, quella cosiddetta “di mezzo”, in ogni sua sfaccettatura: dalla dedizione coraggiosa all’impegno di un giovane giornalista qual era Giancarlo Siani (“Fortapàsc”) alle incertezze e al lassismo venato di fatalismo dei trentenni di qualche tempo fa: il Bart di “Santa Maradona” o Bartolomeo del geniale “Smetto quando voglio” di Sydney Sibilia. E proprio per questo si è sempre permesso di scegliere i copioni e le sceneggiature che rispondevano alle sue esigenze rappresentative.

Napoli come culla, Roma come madre adottiva: città entrambe onorate cinematograficamente da De Rienzo, sempre con una chiave estremamente personale, con un’originalità oscillante tra ironico disincanto e sorridente malinconia. La sua nativa anima partenopea, in particolare, l’ha resa con delicatezza e profondità; una Napoli che non grida, che non occupa il centro della scena con piglio melodrammatico, quella di De Rienzo; una Napoli a suo modo elegante, che non ha bisogno di ostentare la sua signorile filosofia di vita, perché la rappresenta coi toni garbati di chi scende a patti con la vita senza dominarla del tutto e senza farsi sconfiggere al tempo stesso.

Se, a parte le pellicole più note e già nominate qualche riga fa, dovessimo fare un consiglio ai nostri lettori circa i film di Libero De Rienzo che bisogna aver visto almeno una volta, nomineremmo “A Tor Bella Monaca non piove mai” e “La kriptonite nella borsa”: storie particolari, originali perché dolenti e comiche al tempo stesso; storie per le quali alla fine non si può non pensare che in pochi possono dargli corpo, voce, sguardo. Tra quei pochi c’era Libero De Rienzo.

Paolo Marcacci