Avere tollerato che in Italia, nell’ultima decade, in nome dell’austerity, sia esplosa la povertà assoluta e relativa, è un fatto di una gravità che dovrebbe porre in dubbio la validità della ricetta adottata. Eppure nessuna distruzione sociale appare in grado di alzare il velo di censura che il potere mediatico, occupato dalla finanza, ha alzato sulla realtà delle cose.
Quando ho scritto, nel mio romanzo “Futura” nel quale parlo di una realtà distopica, di censura, non riuscivo ad immaginare neppure qualcosa di simile a quello che poi è successo. Nemmeno la fervida fantasia di uno che scriva un thriller può immaginare quello che poi è successo negli ultimi dieci anni.
L’austerity, che ha aumentato la povertà è il raccontare alla gente che per stare meglio bisogna spendere meno. È una follia: lo stato è stato fatto per fare star meglio le persone, non per fare bilanci o operazioni di finanza internazionale.


La funzione principale dovrebbe essere di garantire lavoro a tutti, tutelarli, garantire la salute a tutti… Noi abbiamo tagliato la sicurezza, la sanità… Quelli che dicono: “Dobbiamo tagliare gli sprechi”, siamo d’accordo. Ma quando tu impedisci di fare concorsi pubblici, riduci i medici negli ospedali, tagli la sanità, le malattie, le terapie intensive, distruggi i reparti, chiudi ospedali e via discorrendo, per dieci anni, non ti puoi stupire tanto di quello che succede. Quello che è grave è che qualsiasi distruzione della società è stata coperta dalla censura. Qualsiasi manifestazione di piazza è coperta dalla censura.
Non vediamo sulla Rai e sul TG1 quello che riguarda la rabbia del popolo: non ce le fanno più vedere.

Malvezzi Quotidiani, comprendere l’Economia Umanistica con Valerio Malvezzi