Roberto Saviano dal suo attico di New York è stato invitato per il solito monologo a spese dei contribuenti del canone Rai a Che Tempo Che Fa. Il tema in questione era il Ddl Zan, quello che cerca di legittimare come lotta alle discriminazioni l’imposizione del pensiero unico eroticamente corretto.

Ancor prima delle argomentazioni di per sé deboli, colpisce l’usuale modo con cui sono state imposte con violenza all’uditorio. Assenza totale di contraddittorio, nemmeno l’ombra di un dialogo con posizioni differenti, insomma una sorta di omelia laica da un pulpito che dovrebbe garantire la pluralità dei punti di vista, non fosse altro perché è la Tv di Stato.

Si tratta a tutti gli effetti di una violenza, seppur di genere particolare. Una violenza simbolica che si traduce in una sorta di catechesi coatta imposta all’uditorio senza possibilità di sentire altri punti di vista.

Non deve sfuggire come Saviano non compaia mai in dialogo con altre posizioni, magari in grado di contrastare le sue idee e di far balenare la possibilità di altre visioni. A lui è riservato il trattamento che il potere riserva ai suoi intellettuali di riferimento.

La difesa dei diritti degli omosessuali non soltanto è legittima, ma di più è sacrosanta, il punto sta nel fatto che il Ddl Zan usa la retorica della difesa dei diritti per veicolare contenuti repressivi. In sintesi, non difende i diritti degli omosessuali, sanziona e reprime ogni opinione che non sia allineata con il nuovo mondo eroticamente corretto.

Vi inducono a pensare che il vero conflitto sia quello per i diritti civili a tinte arcobaleniche e ciò di modo che economia, società e lavoro restino saldamente nelle mani dei gruppi dominanti. Per questo dietro l’arcobaleno si nasconde il grigio del nichilismo della civiltà merciforme.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro