C’è un filo invisibile che lega un popolo sin dalla sua nascita. Un filo che si rafforza tra peripezie e momenti di splendore; un filo la cui esistenza è provata sociologicamente: si tratta della storia condivisa.
E’ questa che unisce indissolubilmente qualunque gruppo, dalle due persone fino ad abbracciare una nazione intera.
E il legame è ancor più indissolubile quando quella storia che ci accomuna si arricchisce di gloria e secoli di civiltà ineguagliabili.
Non si tratta però di un valore eterno, ma di una storia che va protetta e tutelata, come ha spiegato in diretta il Direttore della Gazzetta Amministrativa Enrico Michetti.
Tutelata da cosa? Dall’oblio. Dalla dimenticanza di chi siamo. Un pericolo che sembra avanzare sempre di più e da cui bisogna guardarsi bene se è vero che un popolo che non ha memoria, non ha futuro.
L’intervento di Enrico Michetti in diretta.

Noi ci dimentichiamo di quello che abbiamo e di quello che siamo.
Purtroppo se non si è combattuto per avere certe cose, non le si apprezzano. Quello di essere italiani non è un fatto trascurabile. Si appartiene a un popolo, ad una lingua, ad una tradizione, ad una cultura, e il senso della comunità genera degli affetti che ci fanno sentire a casa.
Noi diamo tutte queste cose quasi per scontato, per cui pensiamo che non siano degne di tutela.

Noi stiamo perdendo la nostra tradizione, la nostra cultura. Quella che era la più grande peculiarità della Roma Monarchica, della Roma Imperiale, della Roma Repubblicana e della Roma Papalina.
Era quella tradizione, quella secolarità, quella liturgia, quel senso si appartenenza.

Quando l’Altissimo fece cadere San Paolo di cavallo, lui la prima cosa che disse fu: “Cives Romanus sum!”, io sono cittadino di Roma!
La cosa più importante, a qualunque categoria sociale tu appartenessi, era il senso di appartenenza a Roma.
Cesare è stato l’unico dittatore che quando è morto ha lasciato a ciascun romano una somma di denaro consistente e che si è saputa soltanto quando Marco Antonio lesse al pubblico di Roma il testamento di Cesare.
Nonostante questo nessun romano avrebbe mai accettato che anche il più valoroso tra loro fosse superiore a Roma.

Questo senso di appartenenza non c’è più. Quasi ci si vergogna di essere italiani.
Quasi si prova vergogna a dire: «Io sono italiano, io appartengo alla mia Patria!»