Matteo Viviani a tutto tondo. Lo storico inviato de ‘Le Iene’ si racconta in diretta, sulle frequenze di Radio Radio, nel consueto appuntamento del venerdì con Food Sport.

In studio Zeljko Pantelic ed Enrico Camelio con il nostro Direttore Ilario Di Giovambattista collegato in esterna.

Queste le parole di Matteo Viviani

Passioni e famiglia

Ho tante passioni ma il problema è il tempo. Perché nella realtà delle cose non ho mai tempo per fare ciò che mi piace. Io sono un amante dei motori, dello snowboard e del nuoto che comunque richiedono tempo. Quello che non mi assorbe il lavoro, come è giusto che sia, me lo faccio assorbire dalla famiglia. Avendo due splendidi bambini e una moglie, dedico la maggior parte del mio tempo libero a loro”.

Come stai vivendo questo periodo del Covid?

Io sono affetto da corretto timore che dovrebbe portare, almeno a livello teorico, tutti noi a prendere quelle precauzioni che teoricamente dovrebbero prendere tutti. Però, se non hai un minimo di paura, quella roba lì non ti viene automatica. Devo dire che ho vissuto questo momento da fortunato. In primis perché stiamo tutti bene. Poi il primo lockdown l’ho vissuto fuori da Milano, in una casa di montagna spersa dove non c’è nessuno, e lì son rimasto. Quello che doveva essere un weekend si è trasformato in tre mesi passati insieme al resto della mia famiglia in questa località”.

Hai un’inchiesta che non sei riuscito a completare?

Io non so quanti servizi ho fatto. Sono quasi 16 anni che sono alle Iene come inviato, e circa 4 anni che mi occupo della conduzione. Avrò fatto qualcosa come 400 servizi. Quelli che non sono riuscito a completare sono servizi che non sono stati completati perché la realtà non era quella che appariva in un primo momento. Fino adesso quello che ho cercato di portare a casa, insistendo sempre, alla fine sono riuscito ad ottenerlo”.

Sul servizio del sequestro e rilascio di Silvia Romano


Chi si occupa di giornalismo di inchiesta, come faccio io, ha il dovere di mettere sempre in discussione quello che gli viene detto dall’altra parte. Perché se si inizia un’intervista o un’inchiesta già schierati da una parte, secondo me, si parte con lo sbaglio originale. Quindi penso sia nostro preciso dovere mettere in dubbio qualsiasi cosa. Poi sta a chi sta di fronte fornire gli elementi necessari per rendere credibile il suo racconto. Il fulcro del servizio si basava sui contatti che questa persona ha avuto da parte di questo funzionario importante“.

I contatti sono stati anche telefonici e noi abbiamo avuto la fortuna di riuscire a testare quella voce ed avere una prova oggettiva che quella voce, con ragionevole sicurezza, corrispondeva alla voce della persona che il funzionario diceva di essere. Si tratta di una persona che è stata incaricata di occuparsi del sequestro di Silvia Romano. Alla fine del servizio abbiamo anche fornito una mail criptata, in modo che chiunque avesse qualcosa da dirci potesse scriverci nella massima sicurezza. Alcune mail sono arrivate. Tutto quello che riguarda questo caso è estremamente particolare. Anche ad esempio il silenzio assoluto calato negli 11 mesi in cui la Romano è rimasta prigioniera è abbastanza curioso. Noi, data la delicatezza dell’argomento, abbiamo deciso di mandare un appello pubblico. Probabilmente, considerato tutto questo, Silvia Romano dovrebbe parlare”.

Quali sono le pietre miliari del tuo lavoro alle Iene?

Il primo è il servizio della droga in Parlamento. Al tempo riuscimmo a dimostrare che, stando ai test del sudore che utilizzammo, 1/3 dei nostri politici avevano fatto uso di sostanze stupefacenti nelle ultime 48 ore. Questo simpatico servizio ha fatto il giro del mondo. Dall’altra parte mi è costato una condanna a 5 mesi e 20 giorni di prigione, che per fortuna poi non ho fatto in quanto sono stati convertiti in pena pecuniaria. Il capo di imputazione riportava che: ‘L’aver indicato che, all’interno di un ristretto cerchia di persona, una percentuale aveva fatto uso di stupefacenti nelle ultime 48 ore screditava l’onorabilità dell’intero Parlamento’. Noi lì fummo immediatamente bloccati”.

Sul servizio dedicato al fenomeno Blue Whale e l’attacco subito dalla Lucarelli

A mio avviso dovrebbero portare quell’avvenimento nelle scuole. Ovvero tutto ciò che è accaduto dopo la messa in onda del servizio. Perché sostanzialmente io fui accusato di aver confezionato un servizio ‘bufala’ e di aver parlato di un fenomeno che nella realtà non esisteva. Semplicemente perché, all’interno di un servizio di 30-35 minuti, vi erano 12-13 secondi in cui si mostravano dei ragazzini che si gettavano da un balcone o da un palazzo. Quella era ovviamente la descrizione di un gesto in cui, purtroppo, finisce quel gioco malato chiamato Blue Whale.

I rimanenti 34 minuti e 34 secondi del filmato erano formati da madri, da padri che raccontavano quello che avevano vissuto. C’erano anche forze dell’ordine da svariati paesi del mondo che ci confermavano l’esistenza e la preoccupazione riguardo quel fenomeno. Abbiamo mandato in onda uno stralcio di un’intervista di una rappresentante della Polizia di Stato che ci ringraziava. Nonostante questo oggi ci sono persone, tipo Selvaggia Lucarelli, che insistono a dire che la Blue Whale non esiste e noi siamo dei bufalari”.

Il ricordo toccante di Nadia Toffa

E’ un grande vuoto. E’ un vuoto perché era troppo giovane. Era semplicemente troppo giovane

C’è paura per eventuali minacce o intimidazioni?

Chi lavora a Le Iene, prima o poi, deve aspettarsi di ricevere qualche segnale. Io ho ricevuto diverse minacce, come tanti di noi. Un paio di anni fa mi è arrivato un messaggio in cui mi si avvertiva della presenza di una bomba fuori dalla porta di casa mia. Questo, quando hai una moglie e due bambini piccoli, non ti fa assolutamente piacere. Il pericolo è ovunque. Il pericolo può essere rappresentato anche dalla persona a cui vai a chiedere qualcosa di banale ma in quel momento reagisce male. Più l’argomento tocca l’interesse, a volte economico, delle persone e più quel rischio aumenta”.

Cosa pensi di Report?

Provo tanto rispetto. E’ una trasmissione lodevole. E’ una delle poche trasmissioni che, da spettatore, seguirei con attenzione. Fanno veramente un gran lavoro. Non c’è derby o rivalità. Anzi, ce ne fossero di trasmissioni di questo tipo che affrontano seriamente certe tematiche andando a fondo. Quello che uccide un determinato tipo di televisione, intesa come informazione, è la superficialità”.