È alle porte quella che potrebbe essere una svolta epocale nell’assetto istituzionale italiano, oppure una grossa disfatta per la politica dei tagli e gli alleati di governo, ormai espressamente per il sì al taglio di 230 deputati e 115 senatori (eccezion fatta per i renziani).
Risparmio contro rappresentanza: potrebbe essere questa una sintesi di cosa c’è in gioco nel referendum di domenica, con la prima compagine che non teme danni né l’alienazione del parlamento dal territorio eventualmente causata dalla vittoria del sì.
Per una politica qualitativa il fronte del no, non disposto a sacrificare una buona fetta di rappresentanti per risparmiare 57 milioni di euro annui, corrispondenti allo 0,007% della spesa pubblica.

Appartiene a quest’ultima visione Fabio Duranti, che ha confessato a ‘Un Giorno Speciale’ di non starci proprio: “Stiamo stracciando la Costituzione e ciò che avevano stabilito i padri costituenti“.
La quota di rappresentanza in base alla crescita della popolazione dovrebbe infatti aumentare a sua volta per restare al passo dei criteri stabiliti nel 1948, seppur modificati nel 1963 da una penna diversa rispetto a quella che firmò la nostra carta costituzionale.

Le schiere parlamentari favorevoli non sarebbero, secondo Duranti, così compatte nella scelta del sì: i leader prediligerebbero quest’opzione per evidenti motivi (non rischiando la poltrona) mentre i normali deputati avrebbero un’inclinazione diversa, vedendo ridotte ai minimi termini le proprie possibilità di essere eletti.
Ecco il suo intervento a ‘Un Giorno Speciale’.


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