Dovrà essere più giovane, più snella, meno costosa e di conseguenza sempre meno indebitata. Eccola, in parole povere e senza ironizzare sugli aggettivi, please, la Roma di Dan Friedkin che si profila.

Abbassare i costi, dunque, assieme all’età media; il tutto senza intaccare la soglia di competitività, anzi necessariamente innalzandola, perché bisogna tornare in Champions prima di subito. Bisognava tornarci “ieri”, come dicevano i nostri nonni per affermare che qualcosa sarebbe già dovuto accadere mentre se ne parlava.

Come si fa? Non che manchino gli esempi, in giro per l’Europa, di ottimizzazione delle risorse tecniche che vanno a braccetto con la quadratura dei conti; il fatto è che ci vorrebbero gli uomini giusti, a cominciare da un direttore sportivo saldamente in sella, non di passaggio, che sarebbe già dovuto essere pienamente operativo e che invece a oggi rappresenta il più vistoso buco nel nuovo mosaico giallorosso. Poi, più uomini di calcio, provenienti dal calcio e conoscitori di calcio in società.

A Friedkin non possono essere addossate le colpe di una serie di stagioni, quelle precedenti, tutte definibili “di transizione” (anche quella seguente al raggiungimento di una semifinale di Champions), in particolare le ultime due. La sua prima da presidente lo sarà, anzi già lo è per forza di cose e a causa di una tempistica strangolata dal Covid e da tutto ciò che ha sconquassato ogni ambito della vita, soprattutto nel mondo occidentale.
A Friedkin, anzi ai Friedkin si può però chiedere chiarezza, sin dal momento del suo arrivo anche fisico; anche aspettando un altro po’ un vero e proprio confronto con i media, visto che un videomessaggio diffuso dai canali societari non consente alcun confronto.

Perché il suo primo interlocutore resta il pubblico della Roma e, al di là di slanci e sogni, attitudine peraltro mortificata negli ultimi nove anni, al pubblico della Roma quando si parla con chiarezza e non si cerca di “coglionarlo”, con rispetto parlando, cambiando i nomi ai concetti o pretendendo di insegnargli quali siano i modi giusti e quelli sbagliati per fare il tifo, il pubblico della Roma risponde. Però deve sentirsi parte in causa, non soltanto fonte di introiti, cosa accaduta con la gestione precedente.

A questo proposito, una questione che potrebbe apparire marginale ma che già potrebbe segnare un punto a favore di Friedkin: vediamo quale sarà la politica riguardante il prezzo dei biglietti, non appena la gente potrà tornare allo stadio.

Insomma, dopo il benvenuto, doveroso, è il momento di augurare buon lavoro, tanto e proficuo, a Dan Friedkin, che se ha preso la Roma non vorrà certo farsi ricordare per la continuità con chi non ha vinto nulla, peggiorando nel frattempo lo stato dei conti.

Paolo Marcacci


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