Lo sparo al braccio esclude la volontà di uccidere. Pertanto Ciontoli va condannato per omicidio colposo. Martina, Federico e Marina vanno assolti“.
Un’arringa di due ore in Corte d’assise per rimescolare le carte del caso Vannini. Il ventenne ucciso il 18 maggio 2015 nella villetta di Ciontoli non sarebbe stato, per l’avvocato Miroli, ucciso intenzionalmente nonostante i tentativi del militare Antonio Ciontoli perfino di persuadere i figli, Martina e Federico e la moglie Maria ad accettare la morte del ragazzo.
Tesi, quest’ultima, che per l’avvocato non sussiste in quanto “proprio Federico ha raccontato ai Vannini quanto era accaduto al loro figlio“, ha sostenuto davanti al giudice.

A pochi giorni dalla sentenza del 30 settembre, la richiesta della difesa è dunque quella di non condannare la famiglia Ciontoli per omicidio doloso, ma solo Antonio, per omicidio colposo.
Una richiesta decisamente in contrasto con quella della Procura, che aveva chiesto pochi giorni addietro 14 anni di reclusione per tutti i componenti della famiglia.
A ‘Lavori in Corso’ l’avvocato della famiglia Ciontoli ha fornito la versione dei suoi assistiti e le ultime notizie sul processo, ormai agli sgoccioli.
Ecco l’intervista ai microfoni di Stefano Molinari e Luigia Luciani.

Non c’è dubbio che questa vicenda, forse più di tante altre, si basa molto sul fattore emozionale perché dal punto di vista morale il comportamento che ha tenuto il Signor Ciontoli è assolutamente inqualificabile e indifendibile. Questo lo sappiamo.
Il punto è che nelle aule di giustizia non si dovrebbe fondare il convincimento del magistrato o chi per lui sul giudizio di natura morale, ma sugli atti, sulle carte, sulle prove.

Anche i giudici sono esseri umani, e quindi anche loro potrebbero avere un approccio non dico timoroso, ma sicuramente andare contro un giudizio che è stato già preso dall’inizio di questa vicenda da tutta Italia sul signor Ciontoli, che è di natura morale. Quindi si può mettere i giudici – in quanto esseri umani – nella condizione di avere un timore nell’esprimere un giudizio esclusivamente fondato sulla coscienza degli atti. Questa è la ragione per cui il nostro incipit è stato quello, ma noi non abbiamo dubbi che la corte saprà giudicare dalle prove acquisite e ottenute nell’aula.

Se Marco quella maledetta sera avesse perso sangue probabilmente, anzi, ne sono certo, Ciontoli non avrebbe avuto quel convincimento che ha avuto sin dall’inizio, cioè che la pallottola si fosse arrestata nel braccio, e come tale non avrebbe potuto ma in alcun modo cagionare la morte di Marco. Ora, premesso di tutta evidenza che lo sparo non può far piacere a nessuno, la sentenza sul reato più grave dal punto di vista penale (l’omicidio doloso) deve però fondarsi su questo particolare, senza discorsi morali sul comportamento di Ciontoli, altrimenti è tutto inutile.

La Procura sostiene che la famiglia Ciontoli sapesse della pericolosità dello sparo, ma l’istruttoria ha smentito questa versione, perché lo sparo è emerso dopo sulla gabbia toracica di Marco, quando i Ciontoli erano già dai carabinieri: è di tutta evidenza che per chi non sapeva che Marco sarebbe potuto morire non c’è adesione all’evento morte. Sicuramente c’è la morte del ragazzo che gli va attribuita, ma con un altro tipo di reato, non con l’omicidio volontario.

Rispetto al processo mediatico in almeno 4 o 5 casi si sono creati intorno alla vicenda dei dati totalmente sbagliati che hanno contribuito a travisare i fatti: uno su tutti che fino all’altro ieri si è pensato che a sparare potesse essere stato Federico Ciontoli.
Il problema è che si vuole soltanto alimentare sul mistero per continuare a creare il caso intorno a questa vicenda
“.


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